Marco Paolini è "Il calzolaio di Ulisse". Eroi e odissee ai giorni nostri
Il grande narratore è in scena sabato 25 gennaio. «Il mio tentativo è quello di ricreare l’incantesimo dell’originale»
Travestito da calzolaio, un Ulisse pellegrino e invecchiato inventa storie che diventano realtà e mito. Un grande narratore teatrale si misura con il racconto per eccellenza. Una “odissea” contemporanea, impastata di dialetto e semplicità, una riscrittura profonda e sensibile che evoca divinità tutt’altro che ultraterrene. “Nel tempo degli dèi. Il calzolaio di Ulisse” di Marco Paolini, sabato 25 gennaio alle 21 al Creberg Teatro, dà voce e corpo a un uomo burbero, schietto: forse non così “furbo”, ma capace di cantare storie d’oggi, del nostro tempo feroce, in cui gli dèi sono ricchi occidentali, viziati e capricciosi, egoisti e impauriti da tutto ciò che è diverso, lontano, straniero. Paolini, in scena assieme a cinque sensibili compagni di viaggio di questa “cantata” popolare e umanissima, con la drammaturgia di Francesco Niccolini e la regia di Gabriele Vacis, affronta per la prima volta quel personaggio enorme a cui pensava da tempo.
«La sfida – racconta l’attore – è dar suono ai poemi della tradizione omerica, che sono alla base del pensiero occidentale e del nostro comune sentire. Si tratta di entrare in un flusso, in una “consonanza” che ci permetta di ricreare l’incantesimo dell’originale». Aggiunge il drammaturgo Niccolini: «Non volevamo raccontare le “solite” storie di Ulisse, per questo siamo andati a scandagliare altre fonti, per capire come “tradire” Omero, restando fedeli alla tradizione». Conclude il regista Vacis: «Gli dèi sono al centro del lavoro, per una circostanza lampante: le grandi migrazioni, le decine di migliaia di persone in fuga dalla miseria e dalle guerre, ci raccontano che siamo noi “gli Dèi”: accogliamo, respingiamo, giochiamo con il destino altrui e, come le divinità omeriche, agiamo in maniera irrazionale e incomprensibile».