Il pagellone della terza serata di Sanremo 2020 (Pinguini Tattici Nucleari bravi e paraculi)
di Matteo Rizzi
Dopo esserci goduti le prime due serate del Festival, aver ascoltato e giudicato tutte le canzoni in gara e aver perso svariate ore di sonno, eccoci giunti alla maratona delle cover e dei duetti. Non finiva più, ma abbiamo stoicamente resistito e questo è il nostro umile giudizio.
Michele Zarrillo, Fausto Leali – Deborah: 6,5
Bella energia, tipica delle persone che si divertono e amano scoprirsi dei virtuosi. Ma Fausto Leali è un meme vivente, così come gli acuti di Michele. Bravi, ma in un modo vecchio: sembrano una parodia ad alto livello tecnico.
Junior Cally, Vito – Vado al Massimo: 5,5
Ovazione all'annuncio del titolo, che è più eloquente di ogni scusa al rocker di Zocca da parte del pubblico di Sanremo che lo aveva distrutto a suo tempo. Il cantante dei Vito, con tanto di “ok boomer” scritto sul palmo della mano, arranca dietro al tempo reggae e la sua voce sembra inseguire l'imitazione. Buono il lavoro dell'orchestra, chiamatissime ovviamente le strofe rap di Junior Cally, abbastanza fuori contesto.
Marco Masini e Arisa - Vacanze Romane: 6
Salgono sul palco dopo la pessima gag di Amadeus sulla rivalità Juve-Inter per presentare Georgina Rodriguez, la fidanzata di Cristiano Ronaldo. La canzone sembra cucita addosso a Masini, Arisa canta bene (a parte i vibrati da usignolo) e l'orchestra interpreta bene il dialogo tra gli archi e il groove quasi dance. Il problema è che, alla fine, quando si abbracciano e cantano a un solo microfono, vorrebbe essere Moulin Rouge ma sembra High School Musical.
Riki, Ana Mena - L'Edera: 4,5
Il principale pregio di Riki viene offuscato dalle ripetute inquadrature a Cristiano Ronaldo prima della sua esibizione. Lui potrebbe essere il nipote di Nilla Pizzi, questa canzone potrebbe essere la nipote dell'originale. Spariscono la classe e il fascino di fine anni Cinquanta, ne viene fuori un brano che vorrebbe essere energico e trascinante ma che sembra un loop preimpostato di una pianola Bontempi. Bene Ana Mena, Riki ogni tanto sembra non riuscire a gestire la voce. Velo pietoso sulle strofette aggiunte per ringiovanire il brano.
Raphael Gualazzi, Simona Molinari - E se Domani (Mina): 7,5
Nobile semplicità, quieta grandezza, direbbe Winckelmann. Sembra di essere in Casablanca. Il pezzo esalta Gualazzi, tanto al piano quanto alla voce, ci accoglie tra le sue braccia e il cambio di voce principale con l'ingresso in scena di Simona Molinari all'inizio è una doccia fredda. Poi ci conquista anche lei, straordinaria. Come sottolinea «se» Mina non lo fa nessuno, ma Simona interpreta il brano con grande espressività sorretta da un'impeccabile tecnica vocale. L'armonizzazione finale con le due voci è tanto complessa quanto dolcemente risolutiva. Classico d'altri tempi fatto da un uomo d'altri tempi: non sempre è un pregio, in questo caso sì.
Anastasio, Pfm – Spalle al muro: 8
C'è la Pfm: bisogna stare attenti a non gridare al miracolo per partito preso. Invece... Miracolo! Il matrimonio con Anastasio, alla faccia delle vecchie zie che dicevano che non avrebbe potuto funzionare, s'ha da fare eccome. Anastasio canta con il corpo, con la voce, con il cuore. La Pfm suona con corpo, voce, cuore, e in più con esperienza e tanta tecnica. Il pezzo intero è da brividi, la coda è - per dirla alla Guido Meda - da «tutti in piedi sul divano». Che stile ragazzi.
Levante, Maria Antonietta, Francesca Michielin – Si può dare di più: 6,5
Loro tre hanno carisma e stile da vendere. Non sai più chi guardare: sono magnetiche. Peccato per la scelta del brano, che presenta il solito problema. Nonostante la loro classe infinita e la buona interpretazione vocale, le tre ragazze cadono infatti vittime dell'effetto «Si può dare di più», nel senso che sembra la recita delle medie.
Alberto Urso, Ornella Vanoni – La voce del silenzio: 5
Hanno sessant'anni di differenza, ma non si vede. E vi assicuriamo che la questione non è che la Vanoni porta bene i suoi anni...
Elodie, Aeham Ahmad - Adesso tu: 6,5
Non ce la aspettavamo così: sembra appena uscita da scuola. Ci vuole un attimo per abituarsi. Sta bene nel pezzo, che però è quello che è. Bella coda con i vocalizzi soffusi di Aeham Ahmad e menzione speciale per l'orchestra. Provano a rendere raffinato uno dei più classici brani sanremesi da inflazione del pathos, non in tutti i punti ci riescono.
Rancore, Dardust, La Rappresentante di Lista – Luce (tramonti a Nordest): 5,5
Vorrebbero essere Jay-Z e Alicia Keys, ma quella cosa succede solo una tantum. Il demerito è più di Rancore che de La Rappresentante di Lista, che si presenta molto bene. Classico remake rap di un brano pensato in un altro modo: ci vuole ben altro per lasciare il segno, persino in una serata come questa. Da Dardust ci si aspetta qualcosina in più.
Pinguini Tattici Nucleari – 70 volte (medley) 7+
La versione iper raffinata di un numero da oratorio. Dimostrano gusto, cultura, ironia e di saper suonare, intrattenere, divertire e di avere infiniti conigli da estrarre dal cilindro. Scelta un po' paracula, ma è una festa. Riccardo, in total pink, «tifa Inter da una vita» ma ruba i fiori a un membro dell'orchestra, li porta a CR7 in platea e scappa via. Istrionici, si prendono una bella ovazione e il podio facendoci gongolare. Però li preferiamo nella gara normale.
Enrico Nigiotti, Simone Cristicchi – Ti regalerò una rosa: 6
A nostro avviso, Nigiotti ha molto da farsi perdonare dopo ieri sera. Non facciamoci ingannare dal brano e dal signore con ricci e barba che sta alla sua destra. Enrico continua a non convincerci. Secondo noi punta sulle cose sbagliate, tipo quella forzata immagine rock che cerca di appiccicarsi addosso. Questa volta dimostra che forse dovrebbe puntare di più sui registri vocali bassi, perché ha una bella voce quando sta in quella zona dello spettro. Mentre finiamo di scrivere, Cristicchi abbassa il voto di mezzo punto per via del remake del volo sulla sedia, come nel 2007: evitabile ed eccessivamente autoreferenziale. In generale, comunque, il pezzo subisce poche variazioni rispetto all'originale, che è molto fresco nella testa di tutti noi.
Giordana Angi, Solis Three Quartet – La Nevicata del '56: 6
Bel pezzo, esecuzione pulita (con qualche sbavatura), cerca di metterci del suo ma portare Mina significa far scattare l'allarme rosso nella testa dei “nazisti” della musica che al solo annuncio stanno già gridando alla profanazione. In ogni caso, senza infamia e senza lode. Il finale alla 2oth Century Fox non è mai una buona idea, ma è spesso difficile da evitare quando c'è un'orchestra di mezzo. (Ah, questo vale anche per i Pinguini, ma con un bacino in allegato).
Le Vibrazioni, Canova – Un'emozione da poco: 6,5
Come se non fosse cosa già abbastanza nota l'autostima di Francesco Sarcina, si presenta a fianco di un suo sosia (rispetto per i Canova, si scherza). Nulla da dire sull'esecuzione: è pulita, restituisce una buona energia, e semplicemente demanda tutto all'opinione personale su Sarcina e su quel suo modo di cantare a bocca sempre clamorosamente aperta. Seconda standing ovation per Beppe. È lui la star.
Diodato, Nina Zilli, 24.000 baci: 7+
Ennesimo non richiesto preambolo celebrativo firmato Rai su Celentano. Prima metà del brano così così. Da Nina Zilli in poi è un crescendo e dopo la parte rallentata, in cui i due vengono sollevati dai ballerini, è tutto chiaro: ci siamo, esibizione approvata. Giusta dose di ironia, buona esecuzione, Nina Zilli affascinante, Diodato convincente.
Tosca, Silvia Perez Cruz - Piazza Grande: 8
Alcuni stacchi non banali, approccio “less is more” e rilettura in chiave iberica mai esagerata e capace di evitare con eleganza il rischio di sconfinare nella parodia. Il coretto finale conquista definitivamente l'Ariston, ed è giusto così. Lucio si sarebbe divertito. L'orchestra la incorona mandandola al primo posto.
Rita Pavone, Amedeo Minghi - 1950: 6
Bella canzone d'autore con un bel tiro nella seconda strofa. Li immagini giovani e belli (Rita ha ancora lo sguardo di un tempo, Amedeo è affascinante) e nel mood giusto ci si può anche commuovere. C'è aria di lieto fine, non si sa bene di quale film.
Achille Lauro, Annalisa - Gli uomini non cambiano: 7
Dio solo sa quanto ha bisogno questo Festival di Achille Lauro. Un divo, una diva, Mia Martini, David Bowie, tutto insieme. Non scandalizza, ma impone delle domande e insinua la sua ambiguità. E la sua voce è sempre piacevolmente strascicata e imperfetta. Annalisa affascinante.
Bugo & Morgan – Canzone per te: 6+
Per un momento pensiamo di avere a che fare con il Morgan che conosciamo, in una delle sue vesti migliori, ovvero quella del custode della musica italiana, ruolo in cui ha donato ottimi dischi in passato. Molto Morgan anche l'idea di dirigere l'orchestra. L'arrangiamento è molto buono. Il problema è che Bugo rovina tutto: non accetta di sparire e se ne sta lì, come un'interferenza, come un imbucato. Morgan: meglio solo che mal accompagnato. Che nel suo caso, Andy a parte, significa meglio solo punto e basta. Cantare sfasati all'unisono proprio no. Non siamo né alla Festa degli Alpini, né attorno a un falò. Poi è chiaro, se detronizzi un re amato, i sudditi si ribellano: l'orchestra li spedisce all'ultimo posto.
Irene Grandi, Bobo Rondelli - La musica è finita: 6
Ballatona standard interpretata in modo altrettanto standard. Bello il contrasto tra il registro grave di Bobo e la voce di Irene. Il finale - anche in questo caso alla Fox, con aggravante della parola «amoooooreeeeeeeee» - è ulteriormente rovinato da quel lento sollevamento di mani giunte verso il cielo.
Piero Pelù – Cuore Matto: 7,5
Permette ad Amadeus di dire l'unica cosa giusta del suo Festival: «Energia allo stato puro». Scherziamo Ama. Arrangiamento “caciarone”, che esplode definitivamente nella coda dopo la sorpresa del video di Little Tony a cantare l'ultima strofa. L'esperienza si sente, prende la canzone e la fa sua, conquista l'Ariston. Non resiste alla tentazione di arringare le folle. Perlomeno questa volta lo fa con un sacrosanto messaggio contro il femminicidio.
Paolo Jannacci, Francesco Mandelli, Daniele Moretto - Se me lo dicevi prima: 6 (politico)
Brillano di luce riflessa, quella del padre Enzo. Ma è così tanta, la luce, che trae in inganno tutti: dare un giudizio è difficile, in queste condizioni.
Elettra Lamborghini, Myss Keta – Non succederà più: 5,5
Il coretto che dice «Elettra Lamborghini» è un piccolo pop up di classe. La voce non c'è (vale anche per Myss Keta) e per questo punta (puntano) sull'iconicità. Un po' offuscata, a dire il vero: da loro, soprattutto dall'ospite, ci si aspetta molto di più a livello di esibizione. La simulazione del bacio è cosa già vista.
Francesco Gabbani, L'Italiano: 6
Il mondo è dei furbi.