A Sotto il Monte

La supplica del vescovo a Papa Giovanni perché abbia fine questa grande prova

La supplica del vescovo a Papa Giovanni perché abbia fine questa grande prova
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Anche il papa buono aveva fatto esperienza di un’epidemia. Era accaduto nel 1918, quando la febbre spagnola gli aveva portato via la sorella Enrica. Ma si era confrontato anche con la tubercolosi che si era diffusa tra i soldati al fronte: lui da cappellano li assisteva in ospedale, incurante del rischio che correva. Una supplica a lui, che oggi è venerato come santo, è una supplica a uno che sa quello che la sua terra sta vivendo.

Per questo il vescovo di Bergamo, martedì 17, ha fatto un gesto dal grande valore simbolico: una supplica a papa Giovanni proprio a Sotto il Monte, davanti alla grande statua bianca, solenne e sorridente. «La supplica - ha spiegato monsignor Beschi - non è una preghiera qualsiasi. Nasce da una condizione di grande prova in cui il confine della speranza sembra spostarsi sempre più in là. Ma la supplica nasce anche da un grande cuore. È una preghiera “accorata” nel doppio valore che la parola contiene: perché nasce da un grande dolore e nello stesso tempo è fatta con grande cuore». Monsignor Beschi, nel dialogo con il giornalista di Tv2000 che ha trasmesso in diretta la cerimonia, ha raccontato il grave prezzo che la chiesa bergamasca sta pagando al virus: sono dieci i sacerdoti morti nell’ultima settimana, ma tanti sono stati contagiati. Una situazione che non ha impedito alle parrocchie di essere riferimento per le persone. «L’azione delle parrocchie, la loro capacità di stare vicino alle persone è una cosa che mi ha commosso - ha detto Beschi -. Certamente è una vicinanza che comunica anche il senso di una vicinanza di Dio».

La supplica si è tenuta nello scenario verde della Piazza della Pace di Sotto il Monte, sotto un cielo sereno. «La natura - ha sottolineato infatti il vescovo - sembra rappresentare l’anima di papa Giovanni, con quella infinita dolcezza che abbiamo conosciuto». Facendo riferimento ai titoli drammatici di questi giorni, dove si dice che Bergamo è in ginocchio per l’epidemia, Beschi ha voluto dire che Bergamo si mette in ginocchio anche in un altro senso, non solo perché è provata, ma anche perché vuole rivolgere la supplica al Papa venuto da queste terre. «Ci si mette in ginocchio perché questa preghiera è anche una lotta, come quella che Giacobbe fece con l’Angelo. È una lotta per far sì che Dio ci ascolti, così come Giacobbe lottò finché non ottenne a benedizione di Dio». Naturalmente, un pensiero è andato a tutti coloro che oggi sono in prima linea nella lotta malattia. «Questo gesto è anche per chi in queste settimane si sta generosamente donando per il bene delle persone», ha detto Beschi. Che poi si è inginocchiato davanti alla statua di Papa Giovanni per recitare la formula: «Lui, come Maria, è intercessore per noi presso Dio, che è il vero destinatario della nostra supplica».

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