Perché un tartufo bianco di Alba è stato pagato 100 mila euro
Si è svolta domenica 9 novembre la 15esima edizione dell’Asta Mondiale del Tartufo Bianco di Alba, nella prestigiosa cornice del Castello di Grinzane Cavour. 11 meravigliosi esemplari di tuber magnatum pico (nome scientifico del tartufo bianco) sono stati battuti per un guadagno complessivo di 310 mila euro, che verranno donati per iniziative benefiche alla Onlus di Candiolo (per la ricerca sul cancro), alla Fondazione Nuovo Ospedale Alba Bra Onlus e all’Istituto Mother’s Choice di Hong Kong. Hong Kong, del resto, è, per il secondo anno consecutivo, la terra in cui sono stati venduti i migliori esemplari battuti all’asta: quest’anno si è trattato di un meraviglioso esemplare di tartufo bianco di circa un chilogrammo, di rara purezza e che ha impiegato due cani e due ore per la sua estrazione. Andrà a rendere memorabile il pasto di un miliardario, rimasto anonimo, che ha sborsato 100 mila euro per aggiudicarselo. Il “big one” del 2014, prima di partire per il Sol Levante nella sera di domenica 9 novembre, è stato certificato con un nuovo sistema di tracciabilità denominato Verisat, studiato e messo a punto dal Centro nazionale studi sul tartufo con Telespazio e Smartera, e che permetterà, tramite un’app, di illustrare provenienza e caratteristiche del prodotto.
Roba per pochi. La platea asiatica, del resto, si è dimostrata anche quest’anno particolarmente generosa con il pregiato fungo ipogeo. Oltre ai 100 mila euro per l’esemplare più desiderato, ad Hong Kong, presso il ristorante Otto e Mezzo dello chef tristellato Umberto Bombana (in collegamento video con Grinzane), sono stati spesi circa 142 mila euro per altri tartufi, a cui vanno aggiunti i 57 mila euro ricavati dalla cena. Tra gli altri tuberi battuti al Castello di Grinzane, spicca quello da 470 grammi che si è aggiudicato John Sulley, amministratore della nota società di crociere Celebrity Cruises e che ha reso noto di voler usare i prodotti acquistati per dei menù esclusivi che verranno proposti nelle prossime settimane sulle sei navi della compagnia. Oltre agli 11 esemplari di tartufo bianco battuti all’asta, sono state vendute anche pregiate bottiglie di Barolo e Barbaresco nei formati speciali Magnum, doppio Magnun e Jéroboam.
Il motivo di tanto valore. Oramai il tartufo è divenuto sinonimo di pregio e costi elevati, quasi automaticamente, senza che qualcuno si domandi il motivo di prezzi così alti. In realtà la risposta è alquanto semplice: i tartufi, in generale, sono molto rari e la loro ricerca comporta molto tempo e “un’attrezzatura” assai costosa, rappresentata da cani opportunamente addestrati alla ricerca dei tuberi. In base alle annate, poi, i prezzi possono chiaramente variare: essendo un fungo ipogeo, stagioni molto piovose e umide come è stata (e come è) quella in corso facilitano la loro crescita, mentre annate secche e aride, come fu, ad esempio, quella del 2012, comportano un minor numero di esemplari e prezzi decisamente più elevati. Parlando poi di tartufi e di costi, bisogna anche fare delle differenziazioni tra generi: il tartufo bianco di Alba è, ad esempio, uno dei più pregiati in assoluto. La stagione del tuber magnatum pico (il bianco, per l’appunto) finisce a dicembre e coincide con quella del nero uncinato, ma non bisogna disperare, perché da aprile a maggio c’è invece il bianchetto, e da luglio a settembre lo scorzone o nero estivo. Insomma, ce n’è per tutti i gusti, (quasi) tutte le tasche e per tutti i piatti.
La rarità dei tartufi, soprattutto di quelli di grandi dimensioni e che hanno avuto bisogno di molto tempo per formarsi, è legata anche alle caratteristiche naturali di questo prodotto, dall’odore intenso e, per alcuni, quasi inebriante. Da secoli i francesi hanno scoperto che la scrofa punta e scava il tartufo nero nei boschi del Périgord perché il suo effluvio contiene gli stessi composti odorosi che entrano nelle ghiandole sessuali del verro. E per fortuna che in Italia usiamo i cani, piuttosto che le scrofe, dato che il tartufo bianco ha un odore decisamente più inteso di quello nero pregiato francese. Purtroppo, da circa tre anni, è sempre più difficile trovare, nei dintorni di Alba, esemplari di tartufo bianco degni di nota: la geografia del pregiato fungo ipogeo è diventata sempre più misteriosa, con molti esperti che riferiscono di come la raccolta si sia spostata nel Roero, tra Bra e Canale d’Alba, e nel Monferrato, sede di buona parte dei 4 mila cercatori certificati. Altro motivo per cui il costo del tartufo è assai elevato è che il suo “ciclo di vita” una volta raccolto (rigorosamente a mani nude) è molto breve: massimo poche settimane e, da buon fungo qual è, il tartufo diviene immangiabile. Il rischio è di fare come quel miliardario che, una decina di anni fa, comprò un pregiato esemplare di tartufo bianco per svariate decine di migliaia di euro ma, non essendo un esperto, pensò bene di esporlo in una teca (per farsi bello) piuttosto che di godersene, con amici, il pregiato sapore. Risultato: tartufo finito nel cestino insieme ai soldi serviti per acquistarlo.