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«A Bergamo non ci sono cadaveri abbandonati per strada»: Belotti scrive all'ambasciatore Usa

Il presidente del Comitato Sanitario di New York, per giustificare l'ipotesi di seppellire momentaneamente i corpi dei deceduti nei parchi cittadini, ha portato l'esempio dell'Italia. Ma il deputato bergamasco non ci sta

«A Bergamo non ci sono cadaveri abbandonati per strada»: Belotti scrive all'ambasciatore Usa
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Come purtroppo sappiamo (anche grazie al nostro report quotidiano), New York è, attualmente, una delle città al mondo più tragicamente colpite dal Coronavirus. Il sistema sanitario locale è allo stremo e i morti sono sempre di più, tanto che il presidente del Comitato Sanitario di New York, Mark Levine, è arrivato addirittura a ipotizzare il seppellimento temporaneo delle salme nei parchi cittadini, dato che i forni crematori, pur lavorando tutto il giorno tutti i giorni, non riescono a stare dietro all'elevato numero di decessi. Una situazione che, purtroppo, ha vissuto anche la Bergamasca e Levine ha provato a giustificare la sua idea facendo un paragone proprio con l'Italia, affermando che «l'obiettivo è evitare scene come in Italia, dove i militari sono stati costretti a raccogliere i corpi dalle chiese e a volte dalle strade».

Un'affermazione vera solo in parte, come sappiamo: a Bergamo le bare sono state sì ordinatamente raccolte dalle chiese in attesa che l'Esercito le portasse in altre città per la cremazione, ma non si è mai arrivati ad avere i cadaveri nelle strade, per fortuna. Per questo il deputato bergamasco della Lega, Daniele Belotti, ha deciso di scrivere all'ambasciatore statunitense in Italia, Lewis N. Eisemberg, affinché gli Usa non diano al mondo un'immagine scorretta del nostro Paese, e in particolare di Bergamo, al mondo.

«Ambasciatore - ha scritto Belotti -, mi rivolgo a Lei perché trasmetta al sindaco di New York Bill De Blasio e al presidente del Comitato Sanitario Mark Levine un messaggio: qui in Italia i morti, pur essendo tanti, tantissimi, non sono stati abbandonati nelle strade. Provenendo da Bergamo, una delle città martiri per il Covid-19, posso assicurarle che se da un lato è vero che alcune chiese sono state trasformate in un luogo dignitoso dove poter dare spiritualmente l’ultimo saluto ai nostri cari e che ci sono state file di camion militari per trasportare le salme ai forni crematori di altre città, non si è però arrivati a scene drammatiche di cadaveri lasciati sui marciapiedi, come purtroppo è capitato in altre nazioni del mondo. Ci lasci quindi almeno l’orgoglio e la dignità di difendere l’immagine della nostra terra e della nostra gente. Anche perché, sebbene feriti, vogliamo ripartire e l’immagine, per realtà dalla forte vocazione turistica come Bergamo, la Lombardia e l’Italia, conta tantissimo».

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