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Cinque serie tv di fantascienza che è meglio non perdersi

Dal ritorno dell’ammiraglio Picard di Star Trek al mondo western, con l’artificio dell’inserimento di robot, dell’originale "Westworld"

Cinque serie tv di fantascienza che è meglio non perdersi
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La fantascienza, da “Spazio 1999” e “Star Trek” in poi, è sempre stata un tema molto esplorato dai canali televisivi. Ancora oggi è uno dei generi che spicca in questa epoca d’oro della serie tv. Numerosi tentativi in questi anni sono stati fatti per rivitalizzare il genere sul piccolo schermo, non tutti riusciti. Ecco cinque che ci sentiamo di consigliare, spaziando tra proposte più spurie e altre fedeli all’ortodossia di riferimento.

Star Trek: Picard. Prime Video ha riportato sullo schermo un mito, l’ammiraglio Picard (Patrick Stewart), ma anche l’uomo che si nasconde dietro alla sua leggenda, con tutti i suoi dubbi e i suoi rimpianti. Pur con alcuni difetti, la prima stagione è riuscita a intrattenere e far riscoprire l’universo di Star Trek grazie al personaggio più amato del reload anni ’90. I momenti romantici (non molti) sfiancano, ma la vicenda che prende le mosse da una rinascita degli esseri viventi “sintetici”, e il modo in cui la vicenda attraversa la galassia, tiene la narrazione a un livello più che sufficiente. Scenograficamente c’è da esultare, per fortuna. Vedremo cosa accadrà nella seconda serie.

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Black Mirror. Quando la prima serie vide la luce sulla mitica Bbc, in molti ne colsero la genialità. Un cult fin dalle prime inquadrature. “Black Mirror” è una serie antologica: ogni episodio è una storia diversa e autoconclusiva, con diversi scenari e personaggi, in un futuro distopico dove la società è destinata a rovinarsi a causa del progresso scientifico e tecnologico. Ci sono ad esempio i “like” sui social network che determinano la vita reale (“Caduta libera”), un servizio online che permette di rimanere in contatto con i defunti attraverso un clone (“Torna da Me”), un gioco in realtà virtuale dove gli utenti vivono realmente al suo interno (“Uss Callister”) o una madre che impianta un sistema di videosorveglianza negli occhi della figlia per monitorare da un tablet tutta la sua vita (“Arkangel”). Ci sono puntate più o meno belle, ma offrono tutte spiazzanti spunti di riflessione sul nostro rapporto con la tecnologia.

Electric Dreams. Dieci puntate basate su racconti di Philip K. Dick, uno dei più importanti autori di fantascienza, distribuite da Amazon Prime Video. La serie è stata accostata a “Black Mirror”, per la genesi inglese, per il genere e il tono distopico. Storie di un’ora circa, non collegate tra loro. Ci sono alti e bassi, senza mai arrivare davvero ai livelli di angoscia che invece si prova guardando “Black Mirror”, dimostrando quindi di essere “più umana”. Non tutti gli episodi lasciano il segno ma “Real Life”, “The Hood Maker”, “The Father Thing”, “Autofac” e soprattutto “Kill All Others” meritano.

Battlestar Galactica. Con un titolo così, non molto accattivante, ha tenuto ben lontani quelli che la fantascienza non la vedono molto di buon occhio. Un peccato, perché basta qualche episodio per rendersi conto che la serie tocca generi diversissimi e non è così nerd come da nome: c’è l’action, la spy story, il romance e tanto altro. È andata in onda poco prima che “Lost” facesse scoppiare il fenomeno delle serie tv, anche: a quei tempi il grande pubblico guardava essenzialmente sit-com. Forse se fosse uscita una decina di anni dopo avrebbe avuto l’enorme successo che merita. La serie segue l’esodo degli ultimi umani sopravvissuti allo scontro con le macchine che hanno creato, robot evoluti in replicanti indistinguibili dagli esseri umani. I sopravvissuti delle Dodici Colonie sulle quali la popolazione umana era distribuita si imbarcano con una manciata di astronavi - braccati dai nemici chiamati cyloni - in cerca di un pianeta in grado di accoglierli.

Westworld. Rivelazione del 2016 nel mondo delle serie tv, mescola il sci-fi al mondo western con l’artificio dell’inserimento di robot con un’intelligenza artificiale che supera ogni programmazione informatica. “Westworld” va a creare un mondo che dovrebbe essere un’alternativa parallela alla realtà, ma che poi va a mescolarsi con la realtà stessa creando una distopia dove tutto è possibile, dove l’essere umano può concedersi immoralità e assenza di limiti. Una serie che interpreta le preferenze del pubblico degli ultimi anni, quel desiderio di vedere sullo schermo qualcosa che superi i limiti del reale, politicamente scorretto e provocatorio.

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