Brutale omicidio in famiglia: Viviana uccisa a 34 anni a calci e pugni dal convivente in via Maironi da Ponte
Accusato dell'omicidio Cristian Michele Locatelli, 42 anni, pluripregiudicato per violenza. Indagata anche la madre della vittima. Il pestaggio è avvenuto tra il 30 e il 31 marzo. Ai soccorsi hanno parlato di caduta accidentale. Viviana Caglioni è morta all'ospedale Papa Giovanni dopo 7 giorni in coma
Un brutale pestaggio tra le mura domestiche, compiuto da un compagno violento e geloso, nei confronti di una donna indifesa. L’ennesima storia di violenza familiare culminata in un femminicidio. Viviana Caglioni, 34 anni, dagli amici chiamata Vivian, è morta lo scorso 6 aprile nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, dove era stata ricoverata dopo essere entrata in coma a causa delle lesioni subite per l’aggressione di Cristian Michele Locatelli, 42 anni, suo convivente con alle spalle numerosi precedenti per episodi violenti quali rapina, aggressioni e resistenza a pubblico ufficiale.
I fatti, ricostruiti dalla Procura della Repubblica e dagli agenti della squadra mobile di Bergamo, risalgono alla notte tra il 30 e il 31 marzo scorso. L’uomo si è sempre detto geloso delle relazioni avute in passato da Viviana, arrivando per questo a maltrattare e a insultare la compagna. Alla base dell’ultima e fatale lite ci sarebbe stata proprio la gelosia per una relazione di ben 7 anni fa.
Il pestaggio si è verificato tra le 23.30 e la mezzanotte del 31 marzo nell'appartamento al primo piano dell’abitazione in via Maironi da Ponte a Bergamo, condiviso dalla coppia con la madre di Viviana, Silvana Roncoli. Calci e pugni che sono terminati con un colpo violento alla nuca che ha fatto cadere a terra Viviana, lasciandola morire priva di sensi al piano terra della palazzina, dove vive anche Giampiero Roncoli, uno zio della vittima. Dalle testimonianze raccolte dalla polizia emergerà che gli appartamenti erano utilizzati entrambi dalle quattro persone.
Il 118 è stato chiamato dalla madre della vittima poco dopo l’una del mattino, un’ora dopo l’aggressione, ma in quell'occasione Locatelli aveva preso in mano la cornetta e ingannato i sanitari, presentandosi come un semplice vicino di casa, raccontando che la ragazza non era in condizioni gravi e che respirava ancora, essendosi trattato di una caduta accidentale. Quando l’ambulanza è arrivata sul posto, Viviana era però già in coma e in condizioni di ipotermia, dato che per diverso tempo era rimasta stesa sul pavimento senza che nessuno la soccorresse. Trasportata al pronto soccorso del Papa Giovanni, è stata trasferita in rianimazione dove è morta dopo una settimana di coma.
La Procura è stata informata del decesso di Viviana due giorni più tardi, l’8 aprile, e ha aperto un fascicolo inizialmente a carico di ignoti. Ma le indagini, che hanno raccolto i referti medici e alcune testimonianze dei sanitari - che evidenziavano tumefazioni al labbro, addominali e un vistoso ematoma inguinale, non ricollegabili alla caduta accidentale - hanno indotto il pm Paolo Mandurino a negare la cremazione del corpo di Viviana, decisione che ha mandato su tutte le furie Locatelli. Un comportamento ritenuto dagli investigatori l’ennesimo segno della volontà dell’uomo di depistare le indagini. Anche la madre risulta indagata per favoreggiamento, visto che in un primo momento aveva confermato la tesi della caduta accidentale della figlia.
Nel corso dei sopralluoghi e nelle perquisizioni nei due appartamenti, gli investigatori, grazie all’utilizzo del luminol, hanno trovato tracce ematiche che, partendo dal primo piano dell’abitazione fino a un disimpegno al pianterreno, dove è stato trovato il corpo di Viviana, descrivono nel dettaglio la dinamica del pestaggio, ribaltando la versione fornita da Locatelli. L’uomo ha cercato più volte di depistare le forze di polizia: convocato il 9 aprile dalla Squadra Mobile in Questura per accertamenti, ha chiamato il 112 denunciando di aver compiuto un omicidio proprio in via Maironi da Ponte. Una telefonata ritenuta ora dagli inquirenti come una confessione, ma per la quale quando ancora per Viviana si pensava a una morte accidentale era stato denunciato per procurato allarme. Locatelli si giustificò dicendo che si era trattato di una scusa per motivare l’eventuale ritardo in Questura.
Importanti per ricostruire quanto accaduto sono state le intercettazioni telefoniche e ambientali ma, soprattutto, la testimonianza fornita dallo zio di Viviana, Gianpietro Roncoli. Interrogato dagli inquirenti più volte, in un primo momento aveva parlato semplicemente di una lite avvenuta tra la coppia. L’uomo era infatti terrorizzato da Locatelli, dal quale era stato più volte minacciato e quasi aggredito. Nei due successivi interrogatori, ha però raccontato che Locatelli ha iniziato a picchiare Viviana al piano superiore in ogni parte del corpo e di ricordare il forte colpo alla nuca che ha fatto perdere i sensi alla nipote.
Cristian Locatelli, dopo l’interrogatorio di convalida del fermo da parte del Gip, nel quale si è avvalso della facoltà di non rispondere, si trova ora in carcere con le accuse di omicidio pluriaggravato e di maltrattamenti in famiglia pregressi. «Tutte le persone vittime di violenze devono sapere che nonostante l’emergenza sanitaria in corso la Procura è pronta a intervenire e siamo loro vicini», ha commentato il procuratore facente funzione Maria Cristina Rota. «Il nostro pensiero è rivolto a Viviana e ai suoi cari - conclude il questore Maurizio Auriemma -. Esorto tutti a fidarsi della polizia e delle forze dell’ordine».