Foto di Devid Rotasperti – Bugan Coffee
Tra lunedì 4 e martedì 5 maggio, date anche le belle giornate di sole, il centro di Bergamo è tornato a popolarsi. In concomitanza dell’avvio della cosiddetta “fase 2”, sono molti i cittadini che hanno deciso di concedersi una passeggiata o una biciclettata tra il Sentierone, via XX Settembre e le zone limitrofe. Legittimo e comprensibile, dopo due mesi e passa chiusi in casa. A maggior ragione dato che non si sono visti assembramenti, se non in rarissime situazioni presto “smontate” dai vigili in giro a controllare.
A favorire questo ritorno a una simil-normalità, anche la riapertura di tanti bar, sebbene a servizio… ridotto. Come è noto, non si possono ancora servire cibi e bevande ai tavoli e neppure al banco, ma si può fare servizio d’asporto ed eventualmente pure la consegna a domicilio. Non proprio la stessa cosa di prima del Covid, insomma. Però è già qualcosa, come dimostrano i tanti bergamaschi che, in questi giorni, hanno comunque voluto riprovare l’ebbrezza di un caffè al bar, sebbene servito nei bicchierini di carta o di plastica e consumato fuori dai locali.
I baristi, dal canto loro, sono per la maggior parte contenti di essere potuti tornare al lavoro, sebbene a ritmi ridottissimi. I guadagni sono ovviamente pari a zero o quasi, e i due mesi e passa di chiusura pesano come un macigno sul futuro, ma la speranza è di poter tornare, sebbene con tutte le dovute precauzioni del caso, a una “normalità condizionata” anche dentro i loro locali. Intanto, serve un po’ di chiarezza su cosa è permesso fare e cosa no. Perché il Dpcm del Governo parla espressamente di «asporto», che non è uguale a somministrazione all’aperto. Non basta, insomma, servire il caffè ai clienti fuori dai locali. E anche il consumo di ciò che si prende non potrebbe essere… immediato. Non basta avere i piedi fuori dal bar e bersi lì il caffè. Teoricamente, infatti, l’asporto prevederebbe un ordine e un ritiro dell’ordine fatto. Ma come si può proiettare questa modalità su un’attività come quella dei bar? È impensabile richiedere un’ordinazione, via telefono o mail, per vendere un semplice caffè. Ecco, dunque, che si attendono indicazioni in tal senso da parte di Ascom, che proprio in queste ore pare stia lavorando a una nota per chiarire le regole in vigore.