Livia e Tino di Azzano, ostaggi di una crociera per sei settimane
Si trovavano dall’altra parte del mondo quando hanno iniziato a chiudere i porti. 1.700 passeggeri bloccati: «Leggevamo i giornali, si susseguivano notizie di nostri amici morti per Covid-19». Il 20 aprile l’approdo al porto di Marsiglia
di Laura Ceresoli
Tra febbraio e marzo avrebbero dovuto trascorrere un mese e mezzo a bordo della nave «Magnifica» per compiere il giro del mondo. Un itinerario ricco di fascino a cui gli azzanesi Livia Donghi, 68 anni, e il marito Tino Suardi, 72, sono ormai avvezzi. Da quando sono andati in pensione, intraprendono infatti lunghe crociere durante le quali organizzano corsi e laboratori per i passeggeri. Peccato che questa volta il viaggio non sia andato come da programma. Lasciata l'Europa, la nave si è fermata a Capo Verde, al largo della costa occidentale dell'Africa, per poi attraversare l'Atlantico e passare per il Pacifico. Dopo 27 scali, però, il capitano Roberto Leotta, di Riposto in Sicilia, ha però comunicato la decisione di accorciare il tour a causa dell'emergenza coronavirus.
Per Livia, Tino e gli altri 1700 passeggeri è stato l'inizio di un'odissea. Non solo hanno dovuto rinunciare alle ultime 16 tappe, ma non hanno più potuto scendere dalla Magnifica per sei settimane. L'imbarcazione di proprietà svizzera si trovava dall'altra parte del mondo quando i porti hanno iniziato a chiudere.
«Siamo soliti recarci in crociera due volte l'anno, a novembre e a marzo, ma questa è la prima volta che ci capita una situazione così assurda - racconta la signora Suardi - . La Magnifica era salpata il 5 gennaio da Genova per recarsi in zone in cui di fatto il virus ancora non c'era. Da Valparaiso in Cile abbiamo visitato luoghi meravigliosi come l'Isola di Pasqua, Polinesia, Nuova Zelanda, Wellington. A Sidney abbiamo fatto varie tappe per fare rifornimento di derrate alimentari e di carburante. Speravamo di poter sbarcare a Dubai invece anche lì avevano chiuso i porti per coronavirus. Abbiamo proseguito per il Canale di Suez, il Mediterraneo... Eravamo sempre nell'ansia di capire da chi saremmo stati accolti. La nave ha percorso più di 20 mila miglia per il mondo. Dato che i primi colpiti dal virus siamo stati noi italiani, i bergamaschi in particolare, io e mio marito eravamo più in apprensione rispetto agli altri. I passeggeri provenienti da altre nazioni all'inizio parevano non capire l'effettiva gravità. Noi leggevamo i giornali online, sapevamo che i nostri figli erano già in isolamento e avevamo paura che ci raccontassero delle mezze verità per non farci preoccupare. Inoltre, si susseguivano notizie di nostri amici morti per Covid-19. Poi piano piano anche gli altri passeggeri hanno capito il dramma che si stava vivendo».