Daniela Leveni, del Cps di Zogno

«Anche persone normali hanno capitolato». Consigli per resistere alla sindrome Covid

«Anche persone normali hanno capitolato». Consigli per resistere alla sindrome Covid
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di Bruno Silini

Daniela Leveni, psicologa e psicoterapeuta all’ambulatorio psicosociale di Zogno (Cps) racconta la sua esperienza con i suoi assistiti durante la pandemia in Bergamasca aiutandoci a capire come fronteggiare nel modo migliore questi giorni difficili.

Si può parlare di una sindrome Covid?

«I miei colleghi che stanno studiando approfonditamente il fenomeno stanno evidenziando l’emergere di reazioni che rientrano molto nell’ambito di quello che viene chiamato il disturbo dell’adattamento. Ovvero situazioni particolari di vita (o perché improvvise o stressanti come l’emergenza Covid appunto) dove la persona fa fatica ad abituarsi, reagendo per lo più con ansia ma anche depressione».

Chi sono i pazienti che arrivano ai Cps?

«Un assortimento variegato. Ci sono persone che magari già precedentemente avevano un disturbo che con l’emergenza si è riattivato. Ma è anche capitato che persone normali, non appartenenti a categorie vulnerabili (estranei al Cps) hanno capitolato di fronte a una situazione particolarmente stressante manifestando un bisogno di supporto psicologico».

Un esempio?

«Una signora perfettamente stabile con famiglia e lavoro ha ceduto di fronte alla pressione di trovarsi improvvisamente chiusa in casa (senza un sostegno parentale esterno) a gestire i bambini con la scuola a distanza, la professione con lo smart working e la relazione con il partner divenuta claustrofobica».

Quali sono i soggetti che possono subire maggiormente le conseguenze dell’isolamento?

«A dir la verità un po’ tutti noi (come specie vivente) siamo stati stimolati su questo versante. Essendo animali sociali abbiamo patito l’assenza di contatti e di interazioni. A seconda della nostra personalità ne abbiamo risentito in maniera più o meno specifica. Per esempio i ragazzini già un po’ chiusi, timidi, introversi oppure quelle persone con uno stile di vita un po’ ritirato hanno esacerbato forzatamente i loro comportamenti isolandosi ancora di più».

I vostri pazienti chi ve li manda?

«Essenzialmente i medici di base che valutano l’opportunità di un intervento specialistico. Per ora siamo nella media come operatività. Temiamo che con il passare delle settimane il carico di lavoro possa aumentare anche con persone che a causa del Covid si troveranno in situazioni economiche difficili da far quadrare».

I bambini sono quelli che hanno risentito meno sul piano della salute fisica: vale anche per la salute psicologica?

«Per i bambini la discriminante fondamentale è il sostegno degli adulti. Essendo molto sensibili al clima che si crea in famiglia, riescono a sfuggire all’ansia da Covid se ci sono dei genitori che in qualche modo stemperano le tensioni creando un clima di rilassatezza e di gioco. Diversamente fanno fatica anche loro, soprattutto i figli unici».

Per chi non ha necessità di passare dal Cps c’è qualche suggerimento per bypassare l’ansia in questa fase 2?

«Sicuramente il fatto di mantenere degli interessi praticabili allo stato attuale e una regolarità nelle abitudini di vita. La cura di sé è sicuramente un elemento che aiuta molto a mantenere una sensazione di controllo, una percezione di poter resistere allo stress. La rete sociale è quella che più aiuta. Quindi se non è possibile vedersi di persona almeno mantenere i contatti telefonici e in chat è un balsamo nella gestione delle insicurezze. La cosa importante è non rimuginare troppo con la testa su scenari catastrofici mantenendosi sul presente.

Solo aspetti negativi oppure l’emergenza ha risvegliato dal letargo qualcosa di positivo?

«Ci siamo forse accorti, anche noi come operatori, che prima del Covid avevamo una vita troppo frenetica all'inseguimento di cose non così necessarie. Direi una maggiore consapevolezza dei valori e del mettere ordine alle priorità».

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