le difficoltà dei negozi

Barbara della gelateria di Ponte: «600 euro, ma ne devo 980 all'Inps. 4 mesi per farcela»

«Fatica doppia e un quinto degli incassi. In cosa ci sta tutelando lo Stato?». Ha riaperto da alcuni giorni: «Remore sull'uscire, figuriamoci sul venire a mangiare un cono. Ho pochi mesi per coprire le spese e non chiudere»

Barbara della gelateria di Ponte: «600 euro, ma ne devo 980 all'Inps. 4 mesi per farcela»
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di Laura Ceresoli

«Ho un’attività stagionale che funziona con il caldo, il sole e le belle giornate. Mai come quest'anno, sono state splendide, ma noi eravamo chiusi. Mi sono vista passare davanti agli occhi due mesi di incassi». Questo è lo sfogo di Barbara Brembilla, la titolare della gelateria «Dulcis in fabula» di via Roma. Come altri commercianti, soffre la morsa dell'emergenza sanitaria. Oltre alle numerose restrizioni e regole igieniche da seguire, sta cercando di far fronte alle varie spese da pagare: Inps, tasse, fornitori, utenze, affitto...

«Nella mia gelateria da asporto ho solo qualche tavolino all'interno, ma nulla più - spiega Barbara -. Nonostante il gelato piaccia a tutti e si possa mangiare sempre, a fine settembre noi abbiamo finito la stagione. Il dopo è un servizio che diamo giusto per coprirci le spese. All’inizio di aprile ho ottenuto i famosi 600 euro. Oggi la commercialista mi chiama per dirmi che il 15 ne devo pagare circa 980 euro di rata Inps. Qualcosa non mi quadra. Sì, se voglio la posso prorogare al 30 giugno, in aggiunta alle tasse, quindi una somma importante da pagare. A fronte di cosa? In cosa ci sta tutelando lo Stato? Da metà aprile ho iniziato il servizio a domicilio, partito alla grande (era anche la settimana di Pasqua) e poi è andato scemando. Meglio di niente. Il lavoro è raddoppiato (prendi gli ordini, rispondi alle persone, produci il gelato, prepara le vaschette, pianifica il giro, consegna) ma gli incassi sono circa un quinto dell'anno scorso. Tra qualche giorno dovrò incontrare il mio proprietario dell'immobile e mi trovo in difficoltà poiché soldi non ce ne sono. Bisogna pagare Inps, tasse, fornitori, utenze e affitto. E cercare di sopravvivere».

Da qualche giorno anche la sua gelateria ha avuto la possibilità di aprire al pubblico, con tutti i dubbi del caso: «Inizialmente non era chiaro se era possibile vendere solo vaschette o anche coni e coppette - prosegue Barbara - chiarito questo inghippo, rimane il dubbio se la cosa funzionerà. Ci sono ancora molte remore sull'uscire di casa, figuriamoci sul venire a mangiare un cono gelato! Inoltre bisognerebbe mettere a disposizione guanti (introvabili) e gel igienizzante, sanificare spesso con prodotti specifici, far rispettare le regole della distanza sociale e non far consumare il prodotto nei pressi del negozio. E poi, parliamoci chiaro: la gente non ha soldi. Io ho davanti circa quattro mesi per cercare di coprire le spese di tutto l'anno e non essere costretta a chiedere, schiacciata da affitti improponibili che Ponte San Pietro si porta dietro dai tempi d’oro di vent’anni fa, dallo Stato che continua a pretendere senza dare e dalle problematiche economiche delle persone. Insomma, la situazione non è per niente rosea».

Ci sono però alcune tipologie merceologiche che, non solo hanno potuto tenere aperto il loro negozio anche in emergenza, ma che hanno incrementato le vendite. È il caso dell'ortofrutta «Manu e Roby»: «Vendendo generi alimentari, noi dal punto di vista lavorativo abbiamo visto un aumento - spiegano i titolari -. Certo, abbiamo operato in condizioni critiche e a rischio contagio, specie nel primo periodo. Nella nostra attività la consegna a domicilio era già gratuita e attiva. Nota positiva è che molte persone, abituate ad andare nei colossi della grande distribuzione, hanno scoperto che nel negozio di paese si può trovare qualità, servizio e cortesia. Ora la cosa più importante è tornare il prima possibile alla normalità. Perché questa guerra fantasma ha fatto parecchio male».

È rimasto aperto anche «Nonni e bimbi Italia», ma non senza difficoltà: «Vendiamo articoli sanitari e dispositivi medici, ma il periodo è molto difficile anche per noi - racconta Stefania Bonazzoli -. Abbiamo però perso una fetta della nostra clientela con la chiusura di asili nido, centri diurni e altre comunità. Tra l’altro vendiamo anche detersivi alla spina e i nostri clienti venivano da tutta la provincia, quindi il lockdown ha ridotto moltissimo la vendita pure dei detersivi per l’impossibilità di muoversi».

In vista del prossimo Consiglio comunale, il gruppo Baraldi intende portare le problematiche dei commercianti all'attenzione della maggioranza...

L’articolo completo e altre notizie su Ponte a pagina 21 del PrimaBergamo in edicola fino al 21 maggio, oppure sull'edizione digitale QUI.

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