Cultura

Un Bergamo Festival che fa notizia, perché si tiene anche quest’anno

Saltato a maggio, ritorna dal 10 al 12 luglio nel complesso di Astino

Un Bergamo Festival che fa notizia, perché si tiene anche quest’anno
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Il programma degli incontri dal “vivo” non è ancora stato annunciato, ma già il fatto che l’edizione 2020 di “Bergamo Festival Fare la Pace” non sia stato annullato è una notizia. Una notizia vera, perché i rinvii al 2021 ormai, benché annunciati, passano quasi in sordina. Un’edizione ripensata e rinnovata, naturalmente, all’insegna del momento: si terrà dal 10 al 12 luglio (doveva svolgersi a maggio) nel complesso monumentale di Astino.

Ogni anno la kermesse mette al centro della riflessione una delle questioni più attuali e urgenti del dibattito civile. Il tema di quest’anno, va da sé, è il dopo-Covid: “Quel che resta del bene. Ridisegnare insieme il nostro futuro”. Attraverso le parole di politici, filosofi, scrittori, scienziati, economisti, il festival sarà anche l’occasione per capire cosa sta già cambiando nelle nostre vite dopo lo sconvolgimento epocale e globale portato dalla pandemia, e se la crisi provocata dal virus possa essere trasformata in opportunità di cambiamento e ricostruzione. La manifestazione si svolgerà all’aperto e tutti gli eventi, gratuiti, saranno a numero chiuso previa iscrizione on line sul sito bergamofestival.it.

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In attesa di luglio, il festival è già partito dal 4 giugno con “Quel che resta del bene. Preview”, un ciclo di quattro incontri in diretta streaming sui canali Facebook, YouTube e bergamofestival.it, ogni giovedì del mese alle 21. Primo con Riccardo Nisoli, direttore dell’edizione bergamasca del Corriere della Sera, che intervista Nando Pagnoncelli, presidente Ipsos Italia, sul tema: “L’Italia del Covid e la voglia di ripresa degli italiani. Governare la paura per uscire dalla crisi”. Giovedì 11 giugno don Giuliano Zanchi, presidente del Comitato Scientifico di Bergamo Festival, dialoga con Luigina Mortari, professore ordinario di Epistemologia della ricerca qualitativa e direttore del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università degli Studi di Verona su: “I Giorni della cura. La conoscenza di sé, sollecitudine verso l’altro”; modera l’incontro Andrea Valesini, giornalista di L’Eco di Bergamo. Giovedì 18 giugno Luigi Riva, scrittore e giornalista dell’Espresso, affronterà l’argomento: “Che mondo sarà. Scenari per il dopo virus” con Paolo Magri, vicepresidente esecutivo e direttore dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi). Giovedì 24 giugno Francesca Ghirardelli, giornalista, intervista Isabel Rueda, coordinatrice dell'ong spagnola Rowing Together, sul tema: “Quel che resta a queste donne è il loro corpo”. Al centro dell'incontro, l'umanità e la determinazione della coordinatrice del servizio ginecologico del campo rifugiati di Moria a Lesbo, tra lotta al virus e condizioni di vita impossibili.

Da quest’anno il festival ha un nuovo presidente: Corrado Benigni, avvocato, già membro del Cda della Fondazione Accademia Carrara e della Fondazione Adriano Bernareggi, nonché consigliere della Fondazione Mia. «Credo sia importante dare un segnale di ripartenza e anche di rinascita, proprio nella nostra città che è stata il cuore della pandemia – dice Benigni -. La cultura, che tocca i cuori e le menti delle persone, mi pare un’ottima opportunità per tornare a socializzare, a incontrarsi, ma soprattutto per cercare di elaborare quanto è accaduto in questi mesi, che hanno profondamente cambiato il nostro modo di vivere e forse anche il nostro modo di intendere la vita».

«L'uomo si interroga a proposito del senso di tutte le cose che gli accadono e che sono attorno a lui – dichiara don Fabrizio Rigamonti, direttore dell'Ufficio per la Pastorale della Cultura della Diocesi di Bergamo e presidente del comitato scientifico del festival -. La grande prova che il mondo intero, e in modo del tutto particolare la nostra terra, ha conosciuto in questi mesi lascia sul campo dolore e inquietudine ma anche molte domande che affollano la nostra mente e i nostri cuori. Ancora una volta, per questa ricerca di senso non si tratta di un'operazione intellettuale: gli uomini e le donne il senso di tutte le cose sempre lo rintracciano a partire dai significati che essi stessi danno alle esperienze quotidiane della vita».

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