L'affettuoso abbraccio di Papa Francesco a Bergamo e alla Lombardia
Un sentimento di riconoscenza al lavoro eroico affrontato da medici, infermieri e da tutti gli operatori sanitari che hanno lottato in prima linea durante l'emergenza.
È stato un incontro di grande consolazione, di un padre che incontra i suoi figli dopo una dura prova. Così è apparsa l’udienza di ieri in Vaticano, nella Sala Clementina, tra Papa Francesco e la delegazione della Lombardia. C’erano i vescovi di Bergamo, Milano, Brescia, Lodi, Cremona e Crema, i sacerdoti, i volontari, i medici, gli infermieri e le più alte cariche del governo lombardo a partire dal presidente Attilio Fontana. Ad accompagnare il vescovo Francesco Beschi, a rappresentare il dramma di Bergamo c’erano anche il parroco di Alzano Lombardo don Filippo Tomaselli, il parroco di Nembro, don Antonio Guarnieri (con il loro carico di lutti) e don Luigi Paris, delegato vescovile per la formazione permanente del clero, che ha portato al Papa il pesante fardello dei 25 sacerdoti morti per Covid. Tra i medici c'era Massimiliano De Vecchi, del Pronto Soccorso del Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Dal Papa ha ricevuto la benedizione per il papà scomparso a causa del Coronavirus. «Mi ha molto commosso - racconta a Vatican News - perché è stato un gesto di vicinanza importante. Il Papa ci ha ricordato che in mezzo a tanto dolore, alla tanta sofferenza ci sono stati numerosi gesti di vicinanza di solidarietà e non dobbiamo dimenticarci di questo, ma farne tesoro per il futuro». Di gesti il dottor De Vecchi ne ha visti molti durante l’emergenza, ma ne ricorda uno in particolare, quello di Luigi, un paziente anziano che aveva come ultimo desiderio quello di rivedere il figlio. «Abbiamo trovato una modalità per permettere loro di incontrarsi quando Luigi è stato trasferito dal pronto soccorso al reparto. In quei pochi minuti di passaggio nel corridoio si sono salutati definitivamente e devo dire che assistere a questo incontro è stato veramente straziante».
Tra le infermiere, c’era Barbara Valle che anche lei presta servizio all’ospedale Papa Giovanni XXIII. «Quando il Papa si è avvicinato ha detto delle parole bellissime. Gli ho detto che ero un’infermeria, ero con altre colleghe, e lui ci ha detto che le infermiere sono delle madri che esprimono tenerezza. Poi mi ha raccontato un aneddoto personale, mi ha detto che deve la sua vita a una infermiera che, contravvenendo alle indicazioni del medico, gli aveva dato una dose in più di una medicina. Questo per dire il legame che ha con la nostra figura di cui molto spesso parla».
Il Papa ha voluto incontrare quanti si sono prodigati alla cura dell’uomo sofferente e morente. Oltre ai vescovi, le autorità politiche, i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, quelli della Protezione civile, gli Alpini, i sacerdoti e le persone consacrate. Un servizio fronteggiato con generosità e impegno, dalle istituzioni nazionali e regionali ai Comuni, dalle diocesi e comunità parrocchiali e religiose alle tante associazioni di volontariato. «Abbiamo sentito più che mai viva la riconoscenza per i medici, gli infermieri e tutti gli operatori sanitari, in prima linea nello svolgimento di un servizio arduo e a volte eroico - ha sottolineato Papa Francesco -. Sono stati segno visibile di umanità che scalda il cuore. Molti di loro si sono ammalati e alcuni purtroppo sono morti nell’esercizio della professione. Li ricordiamo nella preghiera con tanta gratitudine. Le persone malate hanno trovato in voi, operatori sanitari, quasi delle altre persone di famiglia, capaci di unire alla competenza professionale quelle attenzioni che sono concrete espressioni di amore. I pazienti hanno sentito spesso di avere accanto a sé degli “angeli”, che li hanno aiutati a recuperare la salute e, nello stesso tempo, li hanno consolati, sostenuti, e a volte accompagnati fino alle soglie dell’incontro finale con il Signore. Questi operatori sanitari, sostenuti dalla sollecitudine dei cappellani degli Ospedali, hanno testimoniato la vicinanza di Dio a chi soffre; sono stati silenziosi artigiani della cultura della prossimità e della tenerezza. Anche se esausti, avete continuato a impegnarvi con professionalità e abnegazione. Quanti, medici e paramedici, infermieri, non potevano andare a casa e dormivano lì, dove potevano perché non c’erano letti, nell’ospedale».
Il presidente della Lombardia Attilio Fontana, nel suo saluto, ha detto al Papa «che la Lombardia non ce l’avrebbe fatta senza i tanti vescovi e i sacerdoti che in prima fila, ogni giorno, hanno sostenuto con la preghiera e le azioni concrete il lavoro di medici e infermieri; loro hanno offerto un aiuto tangibile ai nuovi poveri generati dalla pandemia». La guerra al virus, ha sottolineato ancora Fontana, «è stata una lotta psicologica prima che sanitaria. Il deserto delle nostre strade contrastava con le corsie piene e i pronto soccorso sempre più affollati. Ora dobbiamo ripartire. La Lombardia è una terra operosa che si dovrà preparare ad affrontare una crisi economica profonda, generata dall’emergenza sanitaria». Infine il governatore della Lombardia ha rivolto a Papa Francesco un invito: «Mi permetto Santo Padre di invitarla in Lombardia, affinché possa portare consolazione alle famiglie delle vittime e ai tanti malati che hanno sofferto in questi mesi. Le immagini dei volti stravolti dei nostri infermieri e medici, dei pazienti intubati in terapia intensiva, dei camion dei militari che trasportavano vite spente, sono impresse nella nostra memoria. La sua visita in Lombardia sarebbe, per tutti, noi, luce contro le tenebre che ci hanno avvolto in questi mesi».