Rogo dei tir a Seriate: riconosciuta l'estorsione e il metodo mafioso 'ndranghetista
I fatti risalgono alla notte del 6 dicembre 2015. Secondo gli inquirenti alla base dell'incendio ci sarebbe una faida per gli appalti nel settore ortofrutticolo, che ha visto incroci tra gruppi legati alla ‘ndrangheta e imprenditori locali
Il tribunale di Brescia, al termine del processo di primo grado con rito abbreviato, ha emesso ieri (lunedì 22 giugno) le prime condanne nell’ambito dell’inchiesta riguardante il rogo di 14 tir nell’azienda Ppb Servizi e Trasporti di Seriate, avvenuto la notte del 6 dicembre 2015.
Nello specifico, sono stati condannati a 12 anni di reclusione Carmelo Caminiti e a 10 anni Paolo Malara, accusati tra l’altro di associazione mafiosa e altre estorsioni. Inoltre, sono state condannate anche le persone ritenute essere i primi esecutori materiali del rogo: Mauro Cocca (4 anni di reclusione), Giovanni Condò (4 anni e 6 mesi). Infine, sempre nell’ambito del processo celebrato a Brescia, sono stati condannati a 7 anni e 4 mesi Maurizio Schicchitani, a 6 anni e 8 mesi Antonio Pizzimenti, a 2 anni e 8 mesi Antonio Rago e, infine, a 2 anni Antonio Settembrini.
Secondo le indagini, coordinate dalla procura di Bergamo e dalla Direzione distrettuale antimafia, alla base del rogo ci sarebbe una faida per gli appalti nel settore ortofrutticolo, che ha visto incroci tra gruppi legati alla ‘ndrangheta e imprenditori bergamaschi. Complessivamente sono 19 gli imputati a processo, in uno scenario dove i reati contestati vanno dall’associazione mafiosa all’estorsione. Una parte di questi ha scelto il rito abbreviato a Brescia, altri hanno optato per il rito ordinario a Bergamo, dove il processo e tutt’ora in corso.
In particolare, per quanto riguarda il rogo avvenuto a Seriate, Giuseppe Papaleo, 50enne di origine calabrese (tutt’ora principale imputato a Bergamo) residente negli Emirati Arabi e con domicilio a Predore, avrebbe voluto danneggiare i camion dell’azienda per far sì che la Sab Ortofrutta si affidasse al lui e all’azienda della sua compagna, la Mabero spa.
Antonio Settembrini, titolare dell’impresa seriatese, pensando che l’incendio fosse stato appiccato da Papaleo, per tutta risposta, secondo quanto ricostruito dai carabinieri, gli aveva ritorno contro il gruppo guidato da Caminiti e Malara. Questi, erano andati da Papaleo per intimidirlo, dicendogli di essere referenti di alcune cosche calabresi. Proprio per questa estorsione Giuseppe Papaleo, ha ottenuto dai giudici 4mila euro di risarcimento e 2mila euro di provvisionale immediatamente esecutiva.