Il posto dove i malati di Alzheimer si sentono ancora a casa loro
«Do Not Go Gentle Into That Good Night» (Non andartene docile in quella buona notte) è una poesia in cui Dylan Thomas, poeta gallese fra i più amati al mondo, incita suo padre a urlare di rabbia contro il morire della luce, a non farsi rubare dal cancro senza ribellarsi. Gentle Into That Good Night (Docile in quella buona notte) è invece il titolo di un pezzo su Time che si occupa di Hogewey, una residenza di cura olandese per anziani affetti da malattie neurodegenerative, soprattutto Alzheimer. Da noi ne ha parlato ilPost.
In giro per il mondo - perché Hogewey sta facendo scuola - la vicenda viene presentata in diversi modi. «La cittadina olandese in cui ciascuno è affetto da demenza» (The Atlantic) è decisamente impietoso verso gli abitanti di Weesp, sobborgo di Amsterdam in cui si trova questo speciale centro per anziani in difficoltà. Non c’è alcuna epidemia di Alzheimer a Weesp, e gli ospiti di Hogewey sono solo 152, sempre gli stessi da quando la casa è stata aperta. Le altre 250 persone che vi circolano sono medici, infermieri, personale di servizio mimetizzati per non turbarli con un aspetto minacciosamente sanitario. Poco meno di due addetti per paziente. Semplice al limite del volantino informativo è lo stile della clinica: «Casa di Cura Hogewey. Miniappartamenti organizzati secondo diversi stili di vita per anziani dementi a Weesp». Seguono le informazioni di cui si può avere bisogno. La Cnn è brutale: «Dementia Village propone nuovi tipi di cura». «Dementia Village»: come i ragazzi chiamano irrispettosamente «agonia» uno magro oltre gli standard. C’è anche un video lindo come ogni cosa olandese, roulottes e camper compresi.
Poi c’è Time, con cui abbiamo iniziato. «Docile in quella Buona Notte, fino a quando non si trova una terapia per la demenza il mondo deve prendersi cura di un numero crescente di anziani malati. L’Europa sta indicando il modo». L’Europa. L’Olanda si dirà. Leggiamo: «Dall'esterno, Hogewey assomiglia in tutto e per tutto alla RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) che in effetti è. Situato a 16 km a sud est di Amsterdam, il basso edificio di mattoni rossi non si distingue da una qualsiasi altra architettura ai lati delle lunghe pensiline in cemento che conducono all’entrata. Ma se fai un solo passo oltre l’ingresso potresti avere la sensazione di essere capitato in un villaggio-vacanze in Florida». Anche qui: in un giorno di sole darà magari l’impressione della Florida. Negli altri ci vorrà qualche sforzo di immaginazione in più. Però, sì: l’ingresso di un villaggio vacanze.
Scrive ilPost:
Yvonne van Amerongen è una delle fondatrici di Hogewey e racconta che l’idea le venne 20 anni fa, quando lavorava come infermiera in una casa di cura. Un giorno la madre la chiamò e le disse che il padre era improvvisamente morto di infarto: «Una delle prima cose che pensai fu: “Grazie a Dio non dovrà mai andare in una casa di cura”». Nel novembre del 1992, Amerongen iniziò a discutere con alcuni colleghi su come trasformare le strutture tradizionali in posti dove le persone malate di demenza senile potessero vivere comunque una vita piacevole e sentirsi a casa. Iniziarono a raccogliere fondi e portare avanti il loro progetto, e nel 2009 venne inaugurato Hogewey, che si estende su un terreno di 1,5 ettari.
Costato 20 milioni di euro al governo di Amsterdam, prevede per ogni paziente una spesa di 10mila euro al mese, che però non sono interamente a carico degli ospiti. Quelli che pagano di più - i più “ricchi” - ne pagano 4.500, gli altri meno. Al resto provvede il sussidio governativo. L’idea bella è che i pazienti vivono in “famiglie” di sei o sette persone in ambienti arredati in modo da richiamare quelli da cui provengono. Poi ci sono gli ambienti comuni, per la socializzazione: cappella per pregare, studio di pittura e semplice bricolage, sala da musica e perfino un teatro. Infine i negozi, nei quali si può comperare quel che si desidera, ma senza uso dei soldi. Va tutto sul conto della stanza, come in albergo. Per il resto si sta fuori, nel parco. Il più possibile assieme ad altri, perché sembra che l’isolamento giochi un ruolo importante nel deterioramento delle cellule nervose. Ed è facile trovare da giocare o da conversare con qualcuno perché il personale è lì apposta per assumere la parte del vecchio amico o di chi il cittadino di Hogewey pensa che sia. I familiari? Hanno libero accesso: quando vogliono possono andare a trovare i loro cari. Fa bene a tutti.
Visto il successo dell’iniziativa (gli ospiti entrati all’apertura - lo si è detto - sono ancora tutti vivi e vegeti) in Inghilterra, vicino a Wakefield, è nato un centro simile (Abbey Place Care Home, Fartown) ma con una limitazione: tutto rimanda agli anni Cinquanta e solo a quegli anni. Che non sono, dunque, quelli del primo manifestarsi della patologia (come pensano a Hogewey) ma quelli delle giovinezza dei pazienti. Non la memoria a breve, dunque, ma quella a lungo termine. Vedremo chi ha ragione.
Chi invece ha probabilmente ragione sono gli autori delle proiezioni relative all’epidemiologia delle malattie neurodegenerative: da qui a quindici anni si prevedono 75 milioni di malati nel mondo. Il costo previsto per curarli come in Olanda sarà quasi raddoppiato (85 percento in più) rispetto a oggi. Ma si pensa che saranno tutti abbastanza contenti di pagare quel che si deve se il trattamento è quello che I Tulipani hanno cominciato a proporre come modello. E che speriamo che si diffonda.