«Lasciamo in Lombardia i proventi delle dighe»: la Lega attacca il Governo (e Gori)
Daniele Belotti e Simona Pergreffi lanciano l'allarme: vogliono togliere alle Regioni i fondi delle concessioni per le grandi derivazioni idroelettriche.
Foto di Angelo Corna
Con il caldo d’agosto nulla di più indicato di un bel lago montano, con relativo refrigerio. Un’affermazione che in politica i parlamentari della Lega hanno tradotto “alla lettera”, aprendo il dibattito, con un duro comunicato, riguardo all'ipotesi che la maggioranza di Governo possa in qualche modo indebolire la regionalizzazione delle concessioni relative alle dighe e ai grandi invasi.
La legge nazionale del 2018 prevede infatti che una volta scadute le concessioni le proprietà delle dighe e dei grandi invasi vengano attribuiti direttamente alle Regioni, con facoltà di legiferare le modalità di assegnazione e avviare i bandi entro due anni dall'approvazione della norma regionale. Alle Regioni compete di stabilire il canone di concessione, con quota fissa e quota variabile legata alla produttività ed alla redditività, lasciando agli enti locali (Province e Città metropolitane) almeno il 60 per cento del canone introitato.
«È inaccettabile che la maggioranza di Governo voglia demolire l’impianto della regionalizzazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche che fu introdotto nel febbraio 2019 con l’allora decreto Semplificazioni - dichiarano i parlamentari bergamaschi Simona Pergreffi e Daniele Belotti - l’ obiettivo della Lega era quello di rendere giustizia ai territori montani che subiscono lo sfruttamento delle proprie acque per produrre energia e soprattutto uscire da troppi anni di stallo in cui sono stati nulli gli investimenti nel settore. Quello dei parlamentari della maggioranza, che hanno presentato un emendamento che va contro le Regioni che stanno legiferando in proposito - continuano i parlamentari legisti - è un grave intervento a gamba tesa che rinvierà il tutto di almeno altri dieci anni, in attesa di una fantomatica normazione europea da recepire in Italia. È chiaro che si tratta di un attacco diretto a quella che nei fatti è una prima forma di autonomia regionale in ambito energetico, finalizzato al ritorno del centralismo statale».
Nel mirino dei parlamentari bergamaschi non finiscono solo Pd e Movimento Cinque Stelle che formano la maggioranza di Governo, ma inevitabilmente anche il sindaco di Bergamo. «Ci piacerebbe sapere - scrivono - cosa ne pensa il sindaco Gori, che di recente aveva chiesto al proprio partito di farsi rappresentante delle istanze del Nord produttivo e moderno. Voleva mettere il lavoro, la produttività e la crescita in cima all'agenda del Pd. I casi sono due: o Gori non conta niente nel Pd oppure è l’esempio lampante che al centrosinistra il destino delle regioni padano alpine interessa poco o niente, tanto è concentrato, insieme agli alleati del M5S, ad assistere il Sud e le sue imprese con sgravi che arrivano fino al 30 per cento».
«Ricordiamo anche al ministro Misiani - aggiungono Belotti e Pergreffi - che la regionalizzazione delle concessioni non solo porta benefici agli enti territoriali (Regioni, Province e Comuni) in termini di risorse economiche e di energia elettrica gratuita per l’erogazione dei servizi pubblici, ma dopo anni di stallo consente di attivare diffusi investimenti nel settore con importanti ricadute economiche e ambientali, anche contro il dissesto idrogeologico e lo spopolamento delle regioni montane che stanno colpendo la nostra provincia. La Lega darà battaglia nelle aule parlamentari e nei territori per evitare che tutto questo si perda».