la critica

Cartelloni pubblicitari del Bergamo Sex, Ribon: «Messaggio discriminatorio e degradante»

La consigliera di parità della Provincia di Bergamo Roberta Ribon stigmatizza la promozione dell'evento, condividendo il pensiero di Marzia Marchesi (assessore alle pari opportunità di Bergamo) e Romina Russo (consigliera delegata alle pari opportunità della Provincia).

Cartelloni pubblicitari del Bergamo Sex, Ribon: «Messaggio discriminatorio e degradante»
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Prima le perplessità legate alla garanzia delle misure previste dalla normativa anti-Covid. Poi gli attacchi mossi da più parti sull’inopportunità dell’organizzazione della manifestazione e quelli in merito alla mercificazione del corpo femminile. Di certo c’è che il BergamoSex, soprattutto quest’anno, non passa mai sotto traccia.

L’evento era stato criticato anche da una decina di architetti bergamaschi, che nei giorni immediatamente precedenti alla kermesse erotica avevano segnalato a Comune e Provincia di Bergamo il cattivo gusto dei cartelloni pubblicitari, chiedendone la rimozione e sollecitando le istituzioni a porre maggiori controlli e attenzione in futuro. Sul tema è intervenuta anche la consigliera di parità della Provincia di Bergamo, Roberta Ribon, condividendo la posizione assunta da Marzia Marchesi (assessore alle pari opportunità di Bergamo) e Romina Russo (consigliera delegata alle pari opportunità della Provincia).

«È certamente vero che la pubblicità rappresenta una componente dell'economia di mercato e una forma di rappresentazione della realtà sulla quale ciascuno è chiamato a confrontarsi nella quotidianità. Proprio per questo occorre considerare l'impatto della scelta di specifiche immagini sulla parità tra donne e uomini. Anche per volontà legislativa sovranazionale le scelte commerciali devono essere responsabili, così da influenzare positivamente la percezione sociale dei corpi e dei ruoli, non stereotipati e degradanti, della donna e dell'uomo».

«Costringere l'attenzione visiva della collettività, adulta e minore, su gigantografie di corpi femminili denudati e legati, circondati dal compiaciuto sguardo maschile è stata una operazione di marketing che ha veicolato un messaggio culturale discriminatorio e degradante in ragione del genere – aggiunge Ribon, assicurando la massima attenzione nel garantire la parità di genere -. Questo tipo di immagini trasmette una concezione distorta del rapporto di intimità tra uomini e donne, delle dinamiche di potere che vi si vorrebbero sottendere a tutto vantaggio dei primi, oltre che di possibile legittimazione di pratiche umilianti e violente ai danni delle donne».

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