Il trailer di "A Viso Aperto", il film che racconta il dolore anche di Bergamo per il Covid
La pellicola è stata girata nelle zone più colpite dal virus nel pieno della pandemia. Presentata oggi (giovedì 3 settembre) a Milano, il 9 settembre andrà in scena al Centro Congressi in città e il 10 settembre a Venezia
Un documentario che racconta il viaggio attraverso Cremona, Crema, Brescia, Milano e, ovviamente, Bergamo, la provincia divenuta suo malgrado simbolo dell’epidemia. “A Viso Aperto” è il road-movie firmato da Ambrogio e Luigi Crespi che grazie a immagini filmate in presa diretta fotografa un Paese in guerra contro il Covid-19. Si tratta dell’unico film girato nelle zone più colpite dalla pandemia mentre il virus impazzava, presentato questa mattina (giovedì 3 settembre) in anteprima nazionale e che raccoglie le voci di ammalati, familiari, imprenditori, medici e volontari. Il documentario verrà proiettato anche a Bergamo mercoledì 9 settembre alle 18.30 nel Centro Congressi Papa Giovanni XXIII e giovedì 10 settembre a Venezia, nell’ambito degli eventi del Fuori Salone della 77°edizione della Mostra Internazionale dell'Arte Cinematografica di Venezia.
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All’interno della pellicola trova spazio anche il racconto della realizzazione dell’ospedale da campo allestito in Fiera grazie al lavoro congiunto di volontari, tifosi atalantini, alpini e oltre 300 aziende artigiane, altamente specializzate, chiamati a raccolta da Confartigianato Bergamo. Muratori, carpentieri, imbianchini, idraulici, impiantisti tecnici del gas ed elettricisti specializzati che hanno lavorato per quasi 20mila ore, creando dal nulla e in tempi record, un vero e proprio ospedale da 142 posti letto, 72 dei quali destinati alla terapia intensiva e sub-intensiva e i restanti a chi stava uscendo dalla fase critica dell’infezione. Un gioco di squadra che ha visto insieme gli artigiani di Confartigianato e dell’Associazione Nazionale Alpini, i volontari di Emergency, i sanitari dell'esercito russo e, ovviamente, il personale dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, che ha garantito la direzione medica, infermieristica, tecnica e gestionale del presidio. Tutti determinati ad aiutare una città messa sotto assedio da un nemico invisibile, ma potentissimo.
«“Il cantiere della vita”; è così che chiamo il lavoro che abbiamo fatto in quei giorni - commenta Giacinto Giambellini, presidente di Confartigianato Imprese Bergamo -. Da una semplice e-mail è partita una sfida che ha coinvolto centinaia di artigiani. Ognuno di noi era responsabile di una zona e con grande determinazione abbiamo portato a casa il risultato. Basti pensare che in 26 ore abbiamo dato tre mani di bianco su quasi 30mila metri quadri di spazio». Immagini di lavori frenetici e di corsie piene si alternano a riprese di strade deserte, risvegliate solo da sirene improvvise di ambulanze, tutte dirette nello stesso luogo. «Rivivere questi momenti nel documentario è stato molto emozionante – aggiunge Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell'Asst Papa Giovanni XXIII -. Sembrava che il Covid fosse qualcosa di lontano, un virus che aveva attaccato solo un'area della Cina. Invece, in pochissimo tempo, ci siamo ritrovati ad avere l’ospedale di malati bisognosi di ossigeno. Sono stati momenti incredibili, una valanga di fronte alla quale però non ci siamo arresi».
«Non potevamo non rispondere al grido di aiuto che veniva dalla nostra terra perché la gente come noi non molla mai – conferma Sergio Rizzini, direttore generale della Sanità alpina dell’Associazione Nazionale Alpini –. Sapevamo che l’ospedale avrebbe dato speranza e aiuto concreto a tante persone. La soddisfazione, una volta terminato, è stata grandissima. La stessa che proviamo oggi, a distanza di mesi, nel rivedere quelle immagini».
All’interno dell’ospedale da campo un contributo fondamentale è stato dato anche dal personale di Emergency. «Mai avremmo immaginato di dover impegnarci in una missione umanitaria in Italia – conclude Rossella Miccio, presidente di Emergency -. Eppure è stata la logica conseguenza dell’esperienza che abbiamo maturato in tanti anni, con i protocolli messi a punto con Ebola. Il documentario mi ha fatto rivivere quei primi giorni di aprile». Resilienza, passione, determinazione e forza: sono queste le emozioni che emergono con chiarezza dal reportage dei fratelli Crespi, che dopo aver inquadrato l'emergenza sanitaria, si concentra anche sulle sue conseguenze socio-economiche. Con la consapevolezza che c'è un'Italia da ricostruire; un Paese più lento (forse) e che dovrà affrontare molti problemi, ancora una volta, “A Viso Aperto”.