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La vita grama dei rider, quelli che consegnano il cibo pedalando (e che saranno più pagati)

Nessun colloquio, tutto è gestito da una app e dal suo algoritmo. Appena firmato il primo contratto nazionale: più tutele e undici euro l’ora

La vita grama dei rider, quelli che consegnano il cibo pedalando (e che saranno più pagati)
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di Matteo Rizzi

«È perfetto e ben pagato, se non lo interpreti come lavoro». Sono le parole di Leonardo, uno dei tanti rider che con indosso la pettorina azzurra di Deliveroo (nel suo caso) ci portano i piatti dei nostri ristoranti preferiti direttamente a casa. Un lavoro che in Italia esiste da poco, fatto sia da universitari in cerca di piccoli guadagni, che da tanti stranieri e da lavoratori in cerca di una seconda entrata per arrotondare.

Negli ultimi anni avevamo imparato a conoscere i servizi Just Eat, una sorta di ibrido tra il pony tradizionale e le nuove società di riding: i locali stipulano un accordo con Just Eat, che si impegna a fornire loro dei rider fissi. Nel caso di servizi come Deliveroo o Glovo, la questione è diversa: a portare il cibo a domicilio è un “free rider”, un lavoratore indipendente, che sceglie in autonomia gli orari in cui lavorare e che si limita a indicare alla società per cui lavora una zona di competenza entro cui accetterà le consegne. Un free rider solitamente presta servizio per diversi locali durante uno stesso turno di lavoro. I soli requisiti richiesti sono un cellulare in grado di supportare l’applicazione attraverso cui Deliveroo o Glovo coordinano i turni e tengono il conto delle consegne effettuate e dei corrispettivi pagamenti dovuti, e un mezzo di trasporto che permetta di effettuare consegne in autonomia: «È come un gioco - spiega ancora Leonardo -: scarichi la app, prenoti i turni e lavori. Non ci si può contare per campare, ma per integrare le entrate è il modo migliore».

Come si rapportano i rider con i loro datori di lavoro? Filippo, sempre di Deliveroo, spiega: «Quando sono entrato io, ormai due anni fa, c’erano ancora i colloqui. Adesso credo che si faccia tutto tramite app. Dopodiché non entri praticamente mai in contatto con la società: ti limiti a mandare le ricevute a fine mese e loro procedono con i pagamenti. In generale, tendono ad assumere chiunque, non ci sono requisiti e non respingono nessuno, anche se a volte i tempi di attesa per essere contattati e assunti sono lunghi». Leonardo conferma di non aver mai sostenuto colloqui: «Nessuno ti tratta in nessun modo, perché ci si rapporta solo con l’applicazione».

I free rider, una volta iscritti all’app, nel caso di Deliveroo ricevono in dotazione la giacca e la borsa termica: «So di persone - racconta ridendo Filippo - che si erano iscritte a Deliveroo solo per avere la giacca». I free rider, una volta entrati nel “gioco”, sono sottoposti al continuo giudizio di algoritmi e statistiche: «In base ai propri dati sulle consegne - spiega Leonardo -, uno ha la precedenza o meno rispetto agli altri nella prenotazione dei turni». Filippo precisa: «Io, che sono basso in graduatoria, ho solitamente i turni meno redditizi. La tua posizione sale grazie a diversi fattori, per esempio in base a quanto spesso lavori, alla tua velocità, a quante consegne fai durante un turno». In ogni caso, i free rider hanno diritto a un compenso minimo di sei euro all’ora, indipendentemente dal numero di consegne che effettuano. Meno consegne si fanno, tuttavia, meno è facile trovare un turno libero, visto che ormai la voce si è sparsa e sempre più persone si rivolgono a questo servizio per arrotondare. (...)

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