Tre bambini comaschi con sindrome di Kawasaki, uno è ricoverato al Papa Giovanni
I piccoli hanno 5, 3 e 2 anni. L'ospedale di Bergamo è ritenuto una delle eccellenze per questa particolare malattia, che pare sia correlata al Covid-19, come dimostrerebbe uno studio proprio dei medici bergamaschi pubblicato sulla rivista scientifica "The Lancet"
Tre bambini di 5, 3 e 2 anni, tutti residenti in comuni della provincia di Como, sono stati ricoverati nelle scorse ore all’ospedale Sant’Anna con sindrome di Kawasaki, malattia che secondo alcuni studi (ma ancora non ci sono certezze) potrebbe essere correlata al Covid-19. A comunicarlo è una nota di Asst Lariana, riportata dai colleghi di PrimaComo.
Per due di questi bambini si è reso necessario il trasferimento nelle terapie intensive pediatriche di Bergamo, all'ospedale Papa Giovanni, e di Milano, all'ospedale Buzzi, stante l’interessamento infiammatorio del tessuto cardiaco (miocardite). Le due strutture rappresentano l’eccellenza rispetto al trattamento di questa patologia infantile. Il terzo bimbo è tuttora ricoverato al Sant’Anna dove si stanno ultimando i necessari accertamenti. Febbre alta da oltre tre giorni, congiuntivite, eruzioni cutanee, gonfiore e/o arrossamento delle mani e dei piedi sono i principali sintomi della malattia di Kawasaki, che è una rara malattia infiammatoria che colpisce i vasi sanguigni (vasculite) e che colpisce in genere i bambini di età inferiore ai cinque anni.
Dagli studi finora pubblicati sembra che la Kawasaki - le cui cause sono tuttora sconosciute - possa essere favorita da una reazione immunitaria eccessiva ad un’infezione, reazione che il Covid, appunto, potrebbe provocare. Questo è quanto ipotizza, ad esempio, un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet dalla Pediatria dell’ospedale di Bergamo sul legame tra Covid-19 e la malattia di Kawasaki. Lo studio ha analizzato dieci casi di bambini con sintomi compatibili con una diagnosi di malattia di Kawasaki arrivati al Papa Giovanni XXIII tra il 1 marzo e il 20 aprile 2020. Nei cinque anni precedenti questa malattia era stata diagnosticata in soli 19 bambini.
«Nessuna paura e nessun allarme - osserva il primario della Pediatria del Sant’Anna, Angelo Selicorni -. I genitori devono essere attenti a monitorare una serie di campanelli d’allarme che i pediatri di famiglia ben conoscono: oltre a una febbre alta da più giorni, la comparsa di congiuntivite, labbra o bocca secche, uno stato di debolezza generale, arrossamento e/o gonfiore delle mani e dei piedi e aumento di dimensione di alcuni linfonodi. In questi casi è necessario approfondire la situazione con accertamenti mirati ed attivare le terapie necessarie».