Giorni di festa da confinati. E per fortuna che lo chiamavano decreto “Salva Natale”...
La regola (assurda) che il 25 e il 26 dicembre e a Capodanno vieterà di spostarsi anche fra Comuni. Il rischio di una “disobbedienza civile”
di Andrea Rossetti
Se pensavamo che la Pasqua 2020 sarebbe stata la festività più triste mai trascorsa nella nostra vita, è solo perché ancora non sapevamo come ci avrebbero costretto a passare il Natale 2020 in arrivo. Rispetto alla primavera scorsa, per fortuna, non c’è più tutta quella sofferenza, ma la pandemia continua a picchiare duro e così il Governo ha pensato bene di mettere a punto un piano di restrizioni pesantissimo, che costringerà tanti di noi a passare le festività da sempre più sentite in solitaria, lontani dagli affetti più cari. E quello che sarebbe dovuto essere il “decreto salva Natale”, alla fine sarà invece il “decreto ammazza Natale”.
Spostamenti vietati. In sostanza, a prescindere dal colore che avrà la Lombardia il 25 dicembre, chi vive in una Regione o in una città diversa da quella in cui vivono i suoi affetti più cari, non potrà raggiungerli. Con due diverse regole, però: gli spostamenti tra Regioni saranno infatti bloccati dal 21 dicembre al 6 gennaio, mentre quelli tra Comuni lo saranno “solo” nelle giornate del 25 e 26 dicembre e dell’1 gennaio. E non sono previste deroghe neppure nel caso di anziani soli: gli unici casi in cui ci si potrà muovere saranno per esigenze lavorative, assoluta urgenza, esigenze di salute, esigenze di studio e rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza. Regole che definire stringenti è un eufemismo e che, francamente, mettono a durissima prova la resistenza anche delle persone più attente e lige agli obblighi imposti.
Rischio “disobbedienza civile”. A lasciare perplessi, anche questa volta, è l’apparente incoerenza delle norme prescritte dal Governo, che nella volontà di normare tutto fino all’uscio delle case di ognuno di noi finisce per creare solo malumori che rischiano seriamente di portare molti a una “disobbedienza civile” (è probabile infatti che saranno tante le persone che, nonostante le imposizioni, varcheranno i confini comunali) che, se dal punto di vista normativo sarà chiaramente da sanzionare, dal punto di vista umano sarà invece difficilmente condannabile. È indubbio, infatti, che il divieto di spostamento tra Comuni non tiene conto, ad esempio, delle evidenti differenze che ci sono tra chi vive in dei centri urbani medio-grandi e chi, invece, vive in piccole piccole comunità e che magari ha i genitori a pochissimi chilometri da casa ma in un altro paese. Così come suona alquanto assurda la norma che prevede il divieto di ritrovarsi con i propri familiari più stretti a fronte della concessione per i ristoranti di restare aperti a pranzo nei giorni di Natale, Santo Stefano e Capodanno. E ancora: pranzare insieme il 23 o il 27 dicembre andrà dunque bene, ma il 25 e il 26 no?
La schizofrenia normativa. Qui non si sta parlando di sacrificare l’abituale settimana bianca o il week-end fuori porta, bensì di cancellare per tanti la possibilità di vivere anche un solo giorno di pace in un anno veramente da incubo. E l’impressione è che, ancora una volta, chi deve prendere decisioni preferisca “scaricare” sulla cittadinanza le responsabilità maggiori, come dimostra il fatto che mentre siamo ancora dentro alla seconda ondata già si sia iniziato a parlare di probabile (quasi inevitabile, a quanto pare) terza ondata. Senza contare i numerosi appelli al festeggiare «un Natale sobrio». Chi stabilisce la scala di sobrietà a cui dovremo attenerci? I brindisi li potremo fare almeno con i nostri conviventi? È evidente che la ricerca quasi spasmodica della normativizzazione di ogni possibile scenario stia dando vita a una schizofrenia di imposizioni che oscilla tra l’insensato e il ridicolo.