200 posti di lavoro in bilico

Sematic di Osio Sotto, inutile il tavolo di crisi al Ministero. «L'azienda dia risposte»

L'incontro per discutere delle prospettive occupazionali non ha dato frutti. Dopo quattro mesi la dirigenza aziendale resta ancora in silenzio. I sindacati: «Non tolleriamo questo atteggiamento». Scandella (Pd): «Inaccettabile»

Sematic di Osio Sotto, inutile il tavolo di crisi al Ministero. «L'azienda dia risposte»
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Al prossimo incontro tra parti sociali, istituzioni e dirigenti, riguardante la vertenza Sematic, è fondamentale che partecipi anche l’amministratore delegato del gruppo Wittur ed esprima chiaramente «le posizioni aziendali». È chiara la presa di posizione dei sindacati a margine del tavolo di crisi convocato oggi (mercoledì 13 gennaio) al MiSE, il Ministero dello Sviluppo economico, per discutere delle prospettive occupazionali dei dipendenti dell’azienda di Osio Sotto.

La scelta del gruppo Wittur (del quale fa parte lo stabilimento orobico della Sematic) di delocalizzare in Ungheria gran parte della produzione lascerebbe senza un posto di lavoro circa 200 persone. L’azienda però, nonostante siano trascorsi oltre quattro mesi dall’inizio della vertenza, «non è ancora in grado di dare delle risposte sul futuro del sito di Osio, nonostante il Ministero e Regione Lombardia abbiano dato piena disponibilità», denuncia la Cisl.

Anzi, secondo fonti sindacali, all’atto pratico starebbe investendo in Ungheria e a Parma per produrre negli altri siti tutte le lavorazioni orobiche. «Tutti i posti di lavoro del sito produttivo di Osio devono essere salvaguardati – sottolinea Mirco Locati, della Fim Cisl di Bergamo - chiediamo all’azienda di comunicarci le decisioni e smettere di tenere i propri dipendenti in un limbo che sta creando malumore, preoccupazione e impossibilità di guardare al futuro».

Dura anche la reazione del consigliere regionale bergamasco del Pd, Jacopo Scandella: «Dovremo attendere ancora almeno un mese per avere risposte più chiare circa il futuro dell’azienda Sematic e soprattutto delle 220 famiglie che da mesi stanno pagando, economicamente e psicologicamente, la decisione di delocalizzare e forse addirittura chiudere i battenti. Il MiSE e la Regione potrebbero mettere a disposizione diverse misure per sostenere l’occupazione, ma è necessario che l’azienda chiarisca al più presto le proprie intenzioni. Questa indecisione è davvero inaccettabile e assai poco rispettosa nei confronti di tutti quei lavoratori preoccupati dallo spettro dei licenziamenti. Si tratta di un’azienda sana e con bilanci in attivo, perché tergiversare ancora?».

Il prossimo incontro tra le parti è in programma tra circa quattro settimane. «Non possiamo tollerare che si continuino a prendere in giro le istituzioni, i dipendenti, la comunità e il sindacato facendo investimenti di delocalizzazione – conclude Locati – Non si si può trincerare dietro all’incertezza del Covid perché non si ha voglia di comunicare una decisione. Ricordiamo che la scelta di delocalizzare è iniziata ad aprile del 2019, quando non si era ancora sentito parlare del virus».

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