l'inchiesta

Il Cts non sarebbe stato a conoscenza del focolaio all'ospedale di Alzano

I numeri trasmessi a Roma in merito alle persone contagiate non contenevano dettagli che avrebbero consentito di individuare possibili focolai, ad esempio in che ospedale erano stati eseguiti i tamponi

Il Cts non sarebbe stato a conoscenza del focolaio all'ospedale di Alzano
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Il focolaio di Covid esploso all’ospedale di Alzano Lombardo sarebbe rimasto sotto traccia, sconosciuto ai tecnici del Ministero e del Comitato tecnico scientifico. Almeno fino a marzo, quando il Cts consigliò al Governo di istituire la zona rossa in Val Seriana; un suggerimento che come ben sappiamo rimase inascoltato. Sarebbe questo uno degli esiti a cui è giunta l’inchiesta in corso per epidemia colposa, condotta dalla Procura di Bergamo.

Secondo quanto riportano i maggiori quotidiani cittadini, il Cts, nei primi giorni dell’epidemia, avrebbe ricevuto numeri suoi contagi corretti. Tuttavia, tra i dati associati alle persone risultate positive c’era solo la residenza e non l’ospedale in cui era stato eseguito il tampone o altri dettagli che avrebbero permesso di ricostruire la catena di trasmissione del virus.

Nel frattempo negli uffici di Piazza Dante sono continuate le audizioni dei magistrati, nel tentativo di fare chiarezza sulla mancata applicazione del piano pandemico nazionale (tra l’altro non aggiornato dal 2006). L’invito lanciato dall’Oms il 5 gennaio del 2020 ad applicare comunque i rispettivi piani pare infatti essere stato disatteso dall’Italia.

Ieri, mercoledì 20 gennaio, è stato il turno di Claudio D’Amario, ex direttore generale della Prevenzione, e Filomena Pistacchio, del gabinetto del Ministero della Salute. Dalle testimonianze raccolte negli ultimi tre giorni il piano pandemico italiano non sarebbe stato applicato perché predisposto contro l’influenza e perché si stavano preparando bozze per un nuovo piano pandemico.

Resta quindi da capire il possibile impatto che la mancata applicazione delle direttive avrebbe avuto sullo sviluppo dell’epidemia. Nel merito si attende la relazione tecnica che sta predisponendo il virologo Andrea Crisanti, nominato dai magistrati consulente dell’inchiesta.

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