Coppa Italia, che desolazione lo stadio senza tifosi

Coppa Italia, che desolazione lo stadio senza tifosi
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Uno spettacolo desolante. Atalanta – Avellino, quarto turno di Tim Cup che ha visto la formazione nerazzurra vincere 2-0 e passare il turno, ha regalato uno dei momenti più bassi nella storia delle partite vissute allo stadio di Bergamo degli ultimi anni. Sissignori. Perché 914 spettatori paganti per un totale di 3.313 euro sono una sconfitta per lo spettacolo calcio. A 360 gradi.

La Coppa Italia è organizzata con modalità tutt’altro che coinvolgenti. Primi turni senza big, gare interne sempre in casa della squadra meglio piazzata e spesso concentrate nei mesi estivi (con la gente in vacanza) o in pieno inverno (con un gran freddo) sono argomenti già sufficienti per spiegare il perché una manifestazione storica viene praticamente snobbata da tutti fino alle semifinali. E poi, casualmente, nella finale di Roma arrivano più o meno sempre le stesse compagini, salvo casi particolari. Un’Atalanta qualsiasi, per puntare alle semifinali dovrebbe compiere due grandi imprese negli ottavi con la Fiorentina e nei quarti di finale contro una tra Roma ed Empoli.

È vero che la Rai ha tutto il diritto di proporre la sua idea per sfruttare al meglio i diritti televisivi, ma piazzare Atalanta – Avellino alle 15 di un mercoledì lavorativo significa non considerare minimamente le esigenze di quei tifosi che, seguendo la partita allo stadio, possono, sicuramente aumentare lo spettacolo stesso. Garantire una cornice adeguata. Se a questa scelta aggiungiamo le restrizioni imposte dalla prefettura dopo i gravi incidenti scoppiati al termine della sfida contro la Roma, il gioco è fatto: divieto di ingresso a chi non ha la Dea Card e biglietterie chiuse prima del match sono le ultime due mazzate per chi, temerario, avrebbe voluto esserci.

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Il risultato è sotto gli occhi di tutti, la cornice di pubblico allo stadio Comunale di Bergamo è stata davvero desolante. Curva Morosini chiusa, Tribuna Creberg con qualche centinaio di persone al centro, Curva Nord animata da una cinquantina di ragazzi e Tribuna Centrale un po’ più popolosa. Ma nulla più. Sicuramente in televisione o in streaming la doppietta di Boakye ha fatto gioire tanti tifosi però così non funziona. Non può funzionare.

Il resoconto, completo, del pomeriggio atalantino di mercoledì 3 dicembre è questo. Per Atalanta – Avellino allo stadio ci sono stati circa 1000 spettatori (914 paganti più un po’ di ospiti accreditati e invitati), nessun tifoso ospite nel settore dedicato e circa 100 agenti a presidiare eventuali manifestazioni ultras di protesta. Dentro, la partita è scorsa via con pochissime emozioni. Viverla dalla tribuna è stato davvero molto particolare. Strano. Desolante. Negli stessi minuti, con un’ora di anticipo, circa 100 ultras della curva Nord si sono presentati a Zingonia per seguire la partita della Primavera di Bonacina.

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La gara dei giovani è finita 2-1 per la Dea in rimonta, il Milan ha fallito anche un rigore e dalla tribunetta dove erano assiepati il “Bocia” e gli altri sarebbero partiti (secondo L’Eco di Bergamo) cori contro giornalisti e carabinieri. A Zingonia sono stati esposti due striscioni (“A Guardia di una fede” e “Liberateli”) mentre allo stadio di vessilli nerazzurri se ne sono visti ben pochi.

Ecco il video di Repubblica.it girato a Zingonia.

Nemmeno il tempo di pensare al passaggio del turno in Coppa Italia (si gioca il 14 gennaio a Firenze l’ottavo di finale) ed ecco la fondamentale sfida al Cesena all’orizzonte. In attesa di capire chi potrà entrare allo stadio (i voucher della Curva Nord potrebbero essere sospesi) il dato che si può registrare è evidente: detto che una formula simile della Coppa Italia è veramente incredibile e sottolineato che chi delinque allo stadio deve essere individuato e colpito, chi ci va di mezzo è l’Atalanta. Perché una gara di Coppa Italia con gli spalti vuoti la puoi anche vincere, ma contro la formazione romagnola i tre punti sono veramente fondamentali e conquistarli senza la spinta del popolo bergamasco sarà decisamente più difficile.

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