L’interessante tesi del rifugista: con gli impianti chiusi si creano più assembramenti
La gente in montagna ci va lo stesso, ma non potendo prendere le seggiovie prende d’assalto i luoghi più raggiungibili. Come il Montebello di Foppolo
La tesi è molto interessante, perché ribalta l’utilità della decisione del Governo di tenere chiusi gli impianti sciistici fino al 5 marzo. E lo fa con buonsenso, senza interesse di parte, almeno a prima vista. Parliamo di quanto detto da Gianmaria Veronese, del rifugio Montebello di Foppolo, a L’Eco di Bergamo. Perché Veronese s’è ritrovato il rifugio fino troppo pieno, lo scorso weekend, nonostante gli impianti fossero chiusi.
Il sunto della sua posizione è questo: si tende a demonizzare lo sci perché capace di generare potenziali situazioni a rischio contagio «quando le stesse situazioni, che si vorrebbe evitare, si stanno già verificando in maniera incontrollata in molte parti d’Italia – dice Veronese -. La nostra Val Brembana domenica si è vista presa d’assalto da folle di turisti ormai stanchi di rimanere chiusi in casa e, questo, senza che gli impianti fossero aperti».
L’assurdo di tutto ciò - a parte l’improvvido tempismo con il quale è stata presa la decisione finale, con una serie di spese sostenute che non saranno mai “ristorate” a sufficienza – sta che a Foppolo gli impianti aperti «rappresenterebbero un metodo efficace per disperdere su un’area molto più ampia i turisti presenti sul territorio che, come visto nel weekend, sono comunque presenti in gran numero».
Non potendo sciare, infatti, la gente si muove a piedi e finisce per accalcare quei pochi rifugi che si possono raggiungere a piedi. Come il Montebello, appunto. «A voler essere egoisti – chiosa Veronese - ci andrebbe anche bene così, ma, in tutta coscienza, non va bene affatto».