Arte e devozione, in Basilica a Gandino splende la Raggiera dei Caniana
Nel '700 i gandinesi volevano stupire e scartarono un primo esemplare creato dalla bottega Fantoni di Rovetta. Per l'occasione riapre il Museo di Arte Sacra su prenotazione: da vedere un quadro inedito di Carlo Ceresa
di Giambattista Gherardi
A partire da sabato 27 febbraio e sino a lunedì 1 marzo, torna a splendere a Gandino la maestosa Raggiera del Triduo, capolavoro settecentesco dei maestri Caniana che connota le giornate quaresimali dedicate ai defunti. È un momento liturigico particolarmente sentito dalla comunità, che nei secoli ha sedimentato un’espressione di fede diffusa in Valle Seriana (nel fine settimana successivo toccherà alla parrocchia di San Giacomo a Cirano) e che a Gandino vive una suggestione di grande impatto.
A caratterizzare l’allestimento sarà la grande Raggiera che si erge dietro l’altare maggiore. Fu realizzata dalla bottega Caniana fra il 1788 ed il 1791, dopo che quella creata nel 1777 da Donato Andrea Fantoni fu ritenuta poco consona dai committenti gandinesi. Di essa si conserva un disegno presso il Museo Fantoni a Rovetta. L’enorme incastellatura realizzata dai Caniana tocca i 12 metri di altezza e vede il Santissimo coronato da raggi con vetri policromi illuminati da lampadine elettriche (un tempo lumini) secondo un’iconografia che richiama la visione dantesca di Dio. Al lavoro da oltre due settimane c’è un’articolata squadra di volontari, coordinati da Francesco Rizzoni, custode della Basilica e rettore del Museo di Arte Sacra. Si alternano nel delicato compito di ricreare l’apparato, spesso con il solo ausilio di piccoli grandi segreti tramandati oralmente. Tra loro a vantare un’anzianità di servizio pluridecennale ci sono Ambrogio Ongaro e Alberto Bertocchi: quest’ultimo ancora ricorda quando da ragazzo montava la struttura (oggi a norma con apposito monumentale ponteggio) con il solo ausilio di pali di legno.
In Basilica è stato allestito anche l’altare d’argento e sarà visibile anche il paliotto in oro massiccio, realizzato alla fine del ‘500 dalle manifatture orafe milanesi. In origine la sua destinazione fu quella di un (ricco) finimento per la carrozza delle nozze fra Margherita d’Asburgo e l’Infante di Spagna, Filippo. Successivamente la preziosa tela fu data dall’Imperatore, in virtù di particolari servigi alla dinastia Asburgo, a un membro della nobile famiglia gandinese dei Giovanelli, che ne fece dono alla Basilica realizzando l’attuale paliotto per l’altare maggiore.
Le celebrazioni del Triduo iniziano sabato 27 febbraio, con le messe mattutine delle 8 e delle 10.30. A presiedere celebrazioni e riflessioni al fianco del parroco don Innocente Chiodi, sarà don Ezio Bolis, docente del Seminario Vescovile di Bergamo. Lunedì 1 marzo alle 10.30 la concelebrazione in Basilica riunirà sacerdoti nativi, del Vicariato e che hanno prestato servizio a Gandino. Domenica 28 febbraio e lunedì 1 marzo, alle 15, sono in programma le solenni funzioni pomeridiane, accompagnate (come le messe) dalla Corale Luigi Canali. Del maestro cui è intitolata la Schola Cantorum gandinese ricorre quest’anno il cinquantesimo della morte: sua la composizione del Miserere che verrà eseguito domenica.
Lunedì 1 marzo scuole materna e numerose aziende gandinesi saranno chiuse. Il Museo della Basilica riaprirà al pubblico dopo le restrizioni della pandemia. Le visite saranno possibili previa prenotazione telefonica al numero 035/745425 oppure scrivendo a segreteria.museo@gmail.com. In ottemperanza alle norme di distanziamento sociale saranno accolti quattro visitatori ogni ora, muniti di mascherina, dalle ore 10 alle ore 17 dal lunedì al venerdì, fino a nuove disposizioni.
Nelle sale del Museo gandinese (fra i maggiori in Europa e nel mondo per dotazione di antichi tessuti, argenti e merletti preziosi) sarà visibile anche una tela di Carlo Ceresa, presentata in anteprima lo scorso autunno. Nativo di San Giovanni Bianco, in Valle Brembana, Carlo Ceresa (1609-1679) fu con il Baschenis il pittore più importante del ‘600 in terra bergamasca. L’opera esposta a Gandino (databile al terzo quarto del Seicento) proviene da una cappella gentilizia ed è considerata inedita in quanto mai studiata finora.