Scuola, la conferma: in presenza solo studenti disabili o con bisogni educativi speciali
Regione Lombardia spiega come il Miur abbia specificato che potranno frequentare le lezioni in presenza solo gli studenti iscritti a laboratori, oppure i più "fragili". Revocate tutte le deroghe, dunque, per i figli dei lavoratori essenziali, compreso il personale medico
In Lombardia potranno frequentare le lezioni in presenza solo gli studenti iscritti a laboratori, oppure i disabili o quelli che hanno bisogni educativi speciali. Di conseguenza, sono esclusi dalle deroghe i figli di chi lavora negli ospedali o in altri «servizi pubblici essenziali».
La precisazione è arrivata soltanto oggi, lunedì 8 marzo, attraverso una nota ufficiale di Regione Lombardia che ha reso note le linee guida diramate dal Ministero dell'Istruazione. Peccato però che le scuole lombarde siano state chiuse dal Pirellone dalla sera alla mattina venerdì scorso (5 marzo) e che per ben quattro giorni dirigenti, insegnanti e genitori siano stati lasciati nel caos.
A ogni modo, come si legge nella nota diffusa dalla Regione «il Ministero dell'Istruzione, con proprie note, ha precisato che la possibilità di frequentare in presenza è "fatta salva qualora sia necessario l'uso di laboratori o in ragione di mantenere una relazione educativa che realizzi l'effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali"».
Contrordine
Il comunicato odierno ha quindi smentito, di fatto, quanto l’Ufficio scolastico regionale e lo stesso Ministero dell’Istruzione avevano comunicato lo scorso fine settimana. A differenza del lockdown vissuto un anno fa, adesso infatti le scuole sono chiuse ma un gran numero di attività continuano ad essere aperte. Un bel grattacapo per quei genitori che non possono usufruire dello smart-working e non sanno a chi affidare i propri figli.
«La nota – commenta il consigliere regionale Jacopo Scandella - se da un lato questo chiarisce i dubbi degli ultimi giorni, dall'altro scarica il problema su un numero ancora maggiore di famiglie. E in attesa almeno dei congedi straordinari (che dovrebbero essere retribuiti al 50 per cento), ci si deve arrangiare tra nonni, baby sitter e salti mortali. Nei fatti, la zona arancione "scuro" non si pone il problema dei lavoratori-genitori che come troppo spesso accade sono invisibili. Ed è un carico di cura e di preoccupazioni che ricade soprattutto sulle donne, arrivando troppo spesso a costare il posto di lavoro. A proposito di 8 marzo».
Nel merito della vicenda sono intervenuti anche i sindacati. «La Regione ha preso un provvedimento senza verificare la possibilità di offrire sostegno alle famiglie e senza tenere conto delle conseguenze - attacca Gianni Peracchi, segretario generale della Cgil di Bergamo -. Il ministero dell’Istruzione, da parte sua, ha diramato note contradditorie, alimentando il caos. Rileviamo una completa mancanza di coordinamento tra Stato e Regione. Sottolineiamo anche come Regione Lombardia, pur avendo sempre criticato i provvedimenti presi da un giorno all’altro dal precedente Governo, ora abbia fatto esattamente lo stesso. E ancora non si è colmata una lacuna grave: quella dei rinnovi dei congedi parentali in caso di figli in quarantena o in Dad. La Regione, che ha scelto di chiudere le scuole, avrebbe potuto integrare direttamente con misure regionali».