Impianti sciistici dismessi: secondo Legambiente sono 4 quelli nella Bergamasca
In Lombardia si contano 33 comprensori serviti da 214 impianti di risalita. Di questi, 21 impianti risultano però dismessi a causa dell’assenza cronica di neve, dei fallimenti, o della crisi
Dove un tempo si sciava, oggi in molti casi restano solo piloni in cemento armato abbandonati, oppure cavi in acciaio non rimossi. Tracce di stazioni sciistiche dismesse che il tempo ha ridotto a ruderi abbandonati. Una triste fotografia cui anche la Bergamasca non è esente, come dimostrano lo skilift sul Monte Poieto, tra Selvino e Aviatico, dismesso addirittura negli anni ’60, o la seggiovia sul Monte Arera, tra i comuni di Oltre Il Colle e Zambia Alta. Ma anche gli impianti in località Pià Spiss in Valcanale, ad Ardesio, o a Valcava, nel territorio di Torre De’ Busi.
Il dossier di Legambiente
In Lombardia, ad oggi, si contano 669 chilometri di piste per lo sci alpino e 33 comprensori serviti da 214 impianti di risalita. Di questi, 21 impianti risultano però dismessi a causa dell’assenza cronica di neve, dei fallimenti, della crisi economica, o di strutture arrivate a “fine vita” e non più rinnovate.
Come ogni anno Legambiente ha redatto il dossier “Nevediversa 2021”, allo scopo di illustrare le condizioni di impianti sciistici dismessi, o abbandonati, e di analizzare gli ingenti costi ambientali ed economici per sostentare il comparto con l’innevamento artificiale laddove ormai, a causa del cambiamento climatico, non nevica più.
«Queste situazioni devono essere di forte monito a quello che potrebbe essere il destino degli impianti che verranno realizzati per le Olimpiadi invernali Milano-Cortina – sottolinea Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia -. Ci chiediamo cosa potrà accadere sul territorio una volta passata l’euforia dei Giochi: se le condizioni climatiche ed economiche non dovessero consentire il rilancio tanto atteso, avremo altre cattedrali nel deserto? Per evitare di trovarci in situazioni già viste, come durante i Mondiali del 2005 in Valtellina o le Olimpiadi di Torino del 2006, ci aspettiamo una forte vigilanza su progetti e conti economici, per proteggere le aree montane dalle speculazioni».
L’alternativa proposta da Legambiente
Secondo l’associazione ambientalista è necessario sostenere una ripresa “verde” dei territori, in linea con le indicazioni europee, guardando al sistema montano nella sua globalità. In questo particolare periodo storico la montagna, infatti, per le caratteristiche che le sono proprie, che consentono una fruizione all’aria aperta e il distanziamento sociale, può diventare uno straordinario spazio di sperimentazione della sostenibilità, dove iniziare con uno spostamento degli investimenti tradizionali dallo sci alpino verso attività alternative.
«La rincorsa alla montagna nell’era Covid ha messo in luce il problema della mobilità – spiega Lorenzo Baio, vicedirettore di Legambiente Lombardia -. Piccole aree un tempo marginali sono state prese d’assalto con parcheggi selvaggi e una frequentazione irresponsabile dei territori; basti pensare al massiccio ricorso alle motoslitte per ovviare all’assenza al non funzionamento degli impianti di risalita, con inevitabili conseguenze in termini di inquinamento acustico e dell’aria. È necessario ripensare la frequentazione di questi ecosistemi, delicati e spesso fortemente compromessi dall’attività umana».
Un turismo sostenibile e alternativo allo sci
Il dossier Nevediversa racconta anche storie di riconversione e buone pratiche che vanno oltre lo sci da discesa: dai rifugi, agli agriturismi, dalle guide alpine ed escursionistiche, agli artigiani, ai produttori locali. Nel rapporto 2021 si legge ad esempio l’esperienza positive dell’albergo diffuso di Ornica, gestito dalla cooperativa Donne di Montagna, o il percorso didattico “Inverno sostenibile” promosso dal Parco delle Orobie Valtellinesi a Morbegno. Operatori che però purtroppo, come molti altri, sono fortemente in crisi a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia.
«Il turismo dello sci rappresenta un settore economico essenziale per molti centri montani – conclude Lorenzo Baio -. Ma l’offerta turistica invernale in Italia, come mostra il dossier è spinta da sussidi e iniezioni di capitali speculativi, che non tengono conto di vincoli ambientali e paesaggistici, delle aree protette, e che non riescono ad andare ‘oltre lo sci’, valorizzando i paesaggi, le risorse culturali, naturalistiche, gastronomiche che rendono inimitabile ogni località alpina. Noi vediamo però molte altre iniziative interessanti, che andrebbero incentivate».