18 marzo 2020

Le salme dei bergamaschi nella chiesa del cimitero, Angeloni: «Quei morti non erano soli»

La fotografia, scattata nella chiesa di Ognissanti dall’assessore ai servizi cimiteriali di Bergamo, è stata svelata a un anno di distanza dalla drammatica notte passata alla storia come quella in cui i camion militari hanno trasferito fuori città le salme in attesa della cremazione

Le salme dei bergamaschi nella chiesa del cimitero, Angeloni: «Quei morti non erano soli»
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Soli. È stato questo l’aggettivo più utilizzato per raccontare la condizione vissuta da chi entrava in contatto con il Covid, soprattutto durante la prima ondata della pandemia. Quando ci si ammalava ci si doveva isolare in quarantena. Si era soli durante il ricovero e sole erano anche le migliaia di persone morte nella Bergamasca, decedute senza aver potuto salutare per l’ultima volta i propri cari. Forse però, tutte quelle vittime, non sono state così sole come abbiamo fino ad oggi immaginato

A raccontarlo è un’immagine che ritrae i feretri delle vittime ospitate nella chiesa di Ognissanti, pubblicata dall’assessore ai servizi cimiteriali di Bergamo a un anno di distanza dal 18 marzo del 2020, notte in cui la fotografia della colonna di camion militari che, passando lungo via Borgo Palazzo, portava fuori città le salme bergamasche per essere cremate in altre province italiane. «Quei morti non erano soli», scrive Angeloni, che ha svelato l’istantanea scattata nel cimitero Monumentale solo un anno dopo, come segno di rispetto per le vittime.

«Se penso all’anno trascorso mi sembra che il tempo si sia allungato – si legge nel messaggio pubblicato su Facebook -. È durato il doppio, forse il triplo. Quel 18 marzo 2020 lo ricorderò per sempre: erano 10 giorni che eravamo al collasso. I decessi aumentavano di giorno in giorno, la strage dei morti per Covid era solo all’inizio. Ho delle immagini che mi tornano: la fatica nell’essere lucidi, le continue richieste dagli ospedali di portare via i morti, le 12,13, 14 ore nel piccolo ufficio del cimitero attaccato al telefono per trovare forni crematori, la pressione dei giornalisti. Quella sera ero lì, un dolore misto di sollievo perchè avevamo finalmente trovato una soluzione per dare dignità a quei poveri morti».

La chiesa "diventata" lei stessa cimitero

Nella fotografia le bare con le salme dei bergamaschi riempiono completamente il pavimento della chiesa. A vegliare su di loro, immerso in un’ultima preghiera, frate Mario, uno dei cappellani. Fra Mario ad ogni bara che usciva dava una benedizione, «li chiamava per nome, Marta, Laura, Carlo, Enrico», spiega Angeloni nel post pubblicato su Facebook.

«Non riesco a non ricordare i volti delle persone con cui ero – continua -. Valentina, la responsabile del cimitero, credo fossero due notti che non dormiva, tutti i documenti dovevano essere perfetti, il suo cruccio principale. Mauro un militare di Napoli, soffocava in quella tuta protettiva, era commosso. Paolo, il comandante dei carabinieri, gente abituata alle emergenze, ringraziava i suoi. Mai avrebbe pensato di dover gestire una cosa del genere. Marco, l'elettricista del comune, ne ha illuminate di serate ma questa non la dimenticherà mai. Era lì a puntare il faro mobile per illuminare quei trasferimenti di bare che dalla chiesa venivano caricate sui camion militari. Maria Rosa la referente del forno crematorio di Bergamo, Antonella e tutti i dipendenti dei servizi cimiteriali. Erano li quasi a voler salutare i nostri morti».

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