di Fabio Gennari
Uno ci prova, le condizioni sono ideali per cercare di ricominciare con grande fiducia, ma alla fine è giusto guardare in faccia la realtà e riconoscere che per tornare quello di un tempo manca ancora molto. Mattia Caldara, difensore di Scanzorosciate classe 1994, è rientrato all’Atalanta nel gennaio del 2020, ma non è mai riuscito a riprendersi davvero la scena. La formula del suo trasferimento prevedeva un prestito con diritto di riscatto a favore dell’Atalanta entro il 30 giugno 2021 per una cifra di circa 15 milioni di euro.
Alla luce di come sono andate le cose negli ultimi 18 mesi, è chiaro che non ci sono le condizioni oggi per un acquisto a queste cifre. Caldara ha anche uno stipendio importante, ma prima ancora di questi discorsi (per quanto importanti) c’è l’aspetto tecnico da valutare. Dopo il lockdown e alcune occasioni che Gasperini gli ha concesso per tornare in campo, in questa stagione Caldara ha giocato appena sei partite, senza mai risultare protagonista.
A ottobre, dopo diversi fastidi al ginocchio, il numero 13 di Scanzorosciate è tornato sotto i ferri per una sutura al tendine rotuleo del ginocchio sinistro e si è rivisto tra i disponibili solo nel mese di gennaio. Troppo poco per considerarlo uno dei calciatori protagonisti delle rotazioni gasperiniane. A oggi, l’Atalanta ha quattro centrali per tre posti (Tolo, Romero, Djimsiti e Palomino), con il ragazzo cresciuto nel vivaio che va considerato solo un’alternativa di secondo piano (lo dicono i fatti), al pari di Sutalo.
Gasperini ha sempre dimostrato di credere tantissimo nelle sue qualità, quando fu evidente che Caldara doveva operarsi il mercato era ancora aperto ma l’Atalanta non prese nessuno e il ragazzo fu comunque inserito nella lista Uefa. Certo, il posto non mancava, ma quello è parso a tutti un segnale importante di fiducia. A distanza di mesi, lo stesso tecnico degli orobici non lo sta quasi mai chiamando in causa dall’inizio e pensare a un ricatto per 15 milioni dal Milan sembra essere, oggi, davvero utopia.