La rabbia dei parchi tematici per le riaperture a luglio. E ora minacciano «azioni eclatanti»
Prima dei parchi riapriranno ristoranti, bar, piscine, palestre, musei, attività al chiuso e addirittura gli stadi. Il comparto chiede di essere equiparato ai settori merceologicamente affini
Tra gli oltre 230 parchi faunistici, acquatici e tematici italiani, in questo giorno, prevalgono sentimenti di sfiducia e smarrimento. La scelta del Governo di fissare al 1 luglio la data della riapertura di queste strutture ha creato un profondo senso di amarezza tra i gestori riuniti nell’associazione Parchi Permanenti Italiani (aderente a Confindustria), che hanno lanciato un ultimo e accorato appello all’Esecutivo.
«Questa disparità è configurabile in una vera e propria concorrenza sleale, che genera rabbia e risentimento negli associati – osserva Giuseppe Ira, presidente dell’associazione e del parco tematico Leolandia -. Siamo trattati peggio di altre attività al chiuso, inclusi i ristoranti, nei quali si sosta per ore senza mascherina. Le attività dei parchi si svolgono sempre all’aperto, con ampi spazi a disposizione e sotto il controllo di personale dedicato, a differenza di quanto può accadere per strada o nelle aree gioco per bambini dei parchi pubblici, dove manca ogni tipo di monitoraggio del distanziamento e non sono presenti i presidi per la sanificazione delle mani. Negli USA i parchi sono stati aperti a febbraio, non appena è partita la campagna vaccinale, e in Gran Bretagna hanno deciso di riaprire subito pub all’aperto e parchi di divertimento».
I gestori dei parchi evidenziano, in particolare, che i rischi di contagio all'aria aperta sono infinitamente inferiori (tesi con la quale il Governo ha autorizzato le riaperture dei ristoranti e dei bar) e che la presenza del cloro nelle piscine elimina in pochi attimi gli agenti virali. «Lo scorso anno, con la pandemia in atto e senza vaccinazioni, il settore è stato riaperto a fine maggio – sottolineano -, nel 2021 con la campagna vaccinale in corso, i farmaci e le nuove accortezze, incomprensibilmente, il Governo toglie un mese di lavoro al settore».
Lo spettro di “azioni eclatanti”
Tanti i casi emblematici citati dagli operatori del comparto per dimostrare le disparità di trattamento: dal 26 aprile si riaprono i musei al chiuso (in zona gialla) ma non i parchi faunistici all’aperto e i parchi avventura nei boschi; si dà il via libera alle piscine all’aperto il 15 maggio, ma non ai parchi acquatici; si aprono le palestre e i ristoranti al chiuso dall’1 giugno. Emblematico, infine, l’annuncio del ritorno allo stadio da parte del pubblico da maggio. Per questa ragione Parchi Permanenti Italiani chiede l’immediata equiparazione ai comparti merceologicamente simili per i propri associati, altrimenti seguiranno «azioni eclatanti».
«Abbiamo sempre mantenuto un profilo collaborativo – aggiunge Ira -, ma evidentemente non è servito a nulla. Le categorie che hanno urlato in modo scomposto hanno ottenuto più attenzione e parziali risposte. Siamo tra i primi settori ad essere colpiti dalla crisi e le aziende del comparto registrano in media una perdita dell’80%. Fino al 2019, il nostro settore coinvolgeva direttamente 25 mila occupati, circa 50 mila con l’indotto. Ci aspettiamo una presa di posizione da parte del Ministro Massimo Garavaglia, che ci aveva assicurato il suo impegno per il passaggio della categoria dei parchi sotto il Ministero del Turismo».
Formalmente, infatti, il settore rientra ancora nella categoria “circhi e spettacoli viaggianti” in capo al dicastero dei Beni culturali. Nonostante i costi fissi, i parchi non sono stati compresi in almeno quattro provvedimenti legati ai ristori: prima perché il raffronto tra il mese di aprile 2019 e il mese di aprile 2020 non dava scostamenti significativi, in quanto molti parchi in aprile non sono operativi, poi perché è stato limitato l’accesso al credito alle imprese con più di 5 e 10 milioni di fatturato. Non facendo parte del Turismo, inoltre, i parchi non hanno potuto accedere alle agevolazioni fiscali concesse alle imprese del comparto, come l’esenzione Imu.
«Per non parlare dei finanziamenti – conclude Ira – un’azienda che perde l’80% nel 2020 e nel 2021 avrà comunque risultati negativi, a causa del Covid-19 e della chiusura disposta dal Governo, non è considerata affidabile. Le banche si sono limitate a coprire le loro esposizioni, consolidandole a sei anni con garanzie statali, mentre il credito alle aziende è stato erogato raramente ed a un costo altissimo in termini di interesse».
Nel 2020, il 20% dei parchi ha rinunciato completamente all'apertura e si sono persi 10 mila posti di lavoro stagionali. Il rischio, alla luce delle decisioni del Governo, è di rendere ancora più precaria la posizione di centinaia di imprese italiane e migliaia di lavoratori. Nonostante nel 2019 il settore abbia generato un giro d’affari superiore ai 400 milioni di euro, cifra che sale a 1 miliardo di euro considerando hotel, ristorazione, merchandising, manutenzione e altre voci collaterali.