Francia, arresti di ex brigatisti: tra di loro anche Narciso Manenti
Le operazioni dopo l'accordo con l'Italia di aprile, c'è la possibilità che l'ex terrorista bergamasco possa essere estradato per scontare la condanna all'ergastolo
Stamattina, mercoledì 28 aprile sono scattati diversi blitz in Francia, che hanno portato all'arresto di una serie di ex terroristi rossi degli anni Settanta-Ottanta, che dovrebbero poi essere estradati nel nostro Paese per scontare le condanne rimaste in sospeso dopo la loro fuga oltralpe.
Il Corriere di Bergamo dà la notizia dell'arresto di sette membri delle Brigate Rosse e di Lotta Continua: Marina Petrella, Giovanni Alimonti, Enzo Calvitti, Roberta Cappelli, Giorgio Pietrostefani, Sergio Tornaghi e infine il bergamasco Narciso Manenti. Sarebbero invece in fuga altri tre soggetti, ovvero Raffaele Ventura, Maurizio Di Marzio e Luigi Bergamin.
Le operazioni sono scattate a seguito degli accordi presi ad aprile con il governo Draghi, in particolare quando il ministro della Giustizia Marta Cartabia aveva incontrato il giorno 9 il suo omologo francese Eric Dupond-Moretti, spiegandogli come l'estradizione di questi individui fosse estremamente importante per il nostro Paese. Importanza poi confermata dal nostro premier nel successivo incontro con il presidente francese Emmanuel Macron. Le estradizioni tra l'altro sarebbero, come precisato dall'Eliseo, in concordanza della dottrina Mitterrand, che concederebbe protezione e asilo politico agli ex terroristi pentiti, tranne a quelli macchiatisi di delitti efferati e di sangue, come appunto gli arrestati di questa mattina.
Tra questi come già anticipato è presente anche Narciso Manenti, classe 1957, originario di Telgate, appartenente negli Anni di Piombo ai Nuclei armati contropotere territoriale. È stato condannato all'ergastolo per l'omicidio dell'appuntato Giuseppe Gurrieri in Città Alta, commesso il 13 marzo 1979, oltre a pene aggiuntive per i crimini di ricettazione, detenzione e porto abusivo di armi, associazione sovversiva.
Condanne a cui è sfuggito rifugiandosi in Francia, dove viveva tranquillamente fino a oggi con la moglie e i tre figli, nel piccolo paese di Châlette-sur-Loing.
Nel 2019 aveva rilasciato un'intervista al Corriere della Sera, in cui dimostrava di non essersi affatto pentito del suo passato da terrorista rosso, anche se aveva affermato di essere «innocente» rispetto ai reati contestatigli e aveva minimizzato la questione della richiesta di estradizione, spiegando che «dopo quarant'anni si potrebbe trovare una soluzione a questa vicenda, magari con un'amnistia generale perché nella vita bisogna andare avanti». Dovrebbe andare a dirlo ai familiari delle vittime.