Report KPMG "The European Elite 2021", il valore dell'Atalanta è di 364 milioni
Per la prima volta, i nerazzurri entrano nella classifica europea dei club di maggior valore, piazzandosi al 24esimo posto generale
di Fabio Gennari
L'Atalanta è entrate per la prima volta nella classifica stilata da KPMG Football Benchmark e che riguarda le migliori società d'Europa per quanto riguarda il valore complessivo d'impresa. Grazie all'aumento del 14% fatto registrare rispetto al 2020, il sodalizio nerazzurro si è portato in 24esima posizione, con ben 364 milioni di euro. La speciale classifica redatta da KPMG vede in testa ancora il Real Madrid con un valore complessivo di 2,9 miliardi di euro e alla luce di numeri simili è ancora più grande la considerazione che bisogna avere del doppio confronto avuto con le "merengues" negli ottavi di Champions.
Al secondo posto c'è il Barcellona (2,86 miliardi di euro), sul terzo gradino del podio si trova il Manchester United (2,66 miliardi) e, complessivamente, tutte le 32 squadre raggiungono la quota di 33,6 miliardi di euro, un dato in calo del 15% rispetto ai 39,7 miliardi del 2020. L'impatto della pandemia è stato importante, ma nonostante questo la Dea è entrata nella graduatoria con ben 51 milioni di euro di utile ed è la più alta nuova entrata presente: Marsiglia (195 milioni , 31esimo posto) e Fenerbahce (184 milioni, 32 esimo posto) sono le altre due realtà meritevoli del 2020.
«Nell'ecosistema calcistico, oggi altamente interconnesso, servono riforme che coinvolgano tutte le parti interessate - ha sottolineato Andrea Sartori, Global Head of Sports di KPMG e autore del rapporto -. Una revisione della governance e della redistribuzione del potere, la riduzione delle dimensioni dei campionati e la razionalizzazione dei calendari delle partite, l'equilibrio tra il merito sportivo e la prevedibilità finanziaria, la creazione di campionati regionali, unendo campionati nazionali più piccoli e la riprogettazione del FFP, il fair play finanziario, concentrandosi su meccanismi di controllo dei costi più rigorosi».
«Per anni, gli stakeholder del settore si sono concentrati sulle loro posizioni individuali per proteggere gli interessi delle proprie organizzazioni, senza guardare agli effetti collaterali delle loro aspettative e ambizioni sul settore. Tutte le parti devono rendersi conto e accettare che il calcio ha attraversato una profonda trasformazione negli ultimi anni, dovuta principalmente all'evoluzione delle abitudini dei consumatori e alla digitalizzazione, che, a sua volta, ha portato alla globalizzazione del settore, a vantaggio della maggior parte dei grandi club e leghe. Per migliorare lo stato del calcio europeo, sono necessarie flessibilità, responsabilità e cooperazione a tutti i livelli. Non c'è altro modo per salvare il “bel gioco” e per renderlo sostenibile a beneficio di tutte le parti coinvolte, soprattutto di giocatori e tifosi di tutto il mondo, i più importanti protagonisti del calcio», ha concluso Andrea Sartori.