Agricoltori esasperati, in lotta contro i cinghiali: «Subiamo i danni da 30 anni»
Ieri, giovedì 8 luglio, decine di agricoltori della Coldiretti, ma anche allevatori, sindaci e cittadini, sono scesi in piazza per dire basta all’invasione di questi animali
A Bergamo, nel 2020, sono stati denunciati 22 incidenti causati da cinghiali che, alla ricerca di cibo, si sono allontanati dai boschi, arrivando in città e nelle campagne. Nel complesso, nella nostra provincia, sono stati abbattuti 112 esemplari, ma ciò non è servito a contenere i danni arrecati da questi animali, specialmente alle produzioni agricole.
Per questa ragione ieri, giovedì 8 luglio, decine di agricoltori della Coldiretti, ormai esasperati, hanno occupato le principali piazze italiane per dire stop all’invasione dei cinghiali. In Lombardia si sono dati appuntamento a Milano, in piazza Città di Lombardia, coinvolgendo nella mobilitazione anche allevatori, privati cittadini e sindaci.
«Sono 30 anni che subiamo i danni causati dai cinghiali – ha raccontato ai colleghi di PrimaSaronno Angelo Casali, un agricoltore di Berzo San Fermo – un incubo che è cresciuto a dismisura. Noi lavoriamo e questi animali nel giro di poche ore distruggono tutto. Frantumano la cotica erbosa nei prati mentre nelle vigne sradicano le barbatelle più giovani e quando l’uva è matura mangiano i grappoli più vicini al terreno».
Le incursioni nei prati si ripercuotono anche sull’allevamento dei bovini. «Nei terreni dove passano – ha spiegato Casali - lasciano le zolle tutte sollevate. Così si raccoglie un foraggio di scarsa qualità, che quando viene utilizzato per l’alimentazione delle mucche mette a rischio il loro benessere e anche il latte che producono ne risente».
I risarcimenti non bastano a risolvere una problematica che va oltre i campi danneggiati e i raccolti perduti.
«Qui ne va della stessa sopravvivenza aziendale – ha concluso Paolo Voltini, presidente di Coldiretti Lombardia -. In molti casi gli agricoltori sono così scoraggiati che non denunciano più, abbandonano le coltivazioni perché il risultato non vale la fatica e gli investimenti. Oltre questo c’è l’aspetto che riguarda la sicurezza delle persone, che va affrontato con decisione e senza ulteriori tentennamenti. Senza considerare che i cinghiali rappresentano solo una delle specie selvatiche che mettono a rischio la tenuta delle imprese agricole lombarde».