c'è preoccupazione

Crisi del gruppo Boost, stipendi pagati in ritardo. I sindacati: «Nessuna chiarezza sul futuro»

Il gruppo è nato nel 2019 dalla fusione tra Lediberg e Arti Grafiche Johnson e conta circa 800 dipendenti dislocati nelle sedi di San Paolo d’Argon, Cenate Sotto

Crisi del gruppo Boost, stipendi pagati in ritardo. I sindacati: «Nessuna chiarezza sul futuro»
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I dipendenti del gruppo Boost di San Paolo d’Argon, leader nella produzione di agende e diari, non sanno ancora quando riceveranno lo stipendio di giugno. Stessa sorte era toccata alla mensilità di maggio, pagata con oltre un mese di ritardo, ma le difficoltà si trascinano da mesi.

«L'azienda si trova in una situazione molto critica sul versante delle disponibilità finanziarie, che necessita di un intervento delle banche - spiegano Luca Legramanti e Paolo Turani, segretari generali di Fistel Cisl e Slc Cgil di Bergamo -. Nel 2021 gli ordini d’acquisito sono nettamente migliorati rispetto all’anno precedente: tale risultato rischia però di andare perso per le difficoltà finanziarie attuali».

Il gruppo è nato nel 2019 dalla fusione tra Lediberg e Arti Grafiche Johnson e conta circa 800 dipendenti dislocati nelle sedi di San Paolo d’Argon, Cenate Sotto. Se si considera anche la sede di Tolentino, in provincia di Macerata, il totale di lavoratori raggiunge il migliaio.

A preoccupare i sindacati è l’assenza di una linea industriale concretamente percorribile, che metterebbe a rischio il futuro di una delle più grandi realtà manifatturiere della nostra provincia. «La crisi finanziaria del gruppo si sta progressivamente avvitando, con ripercussioni anche sulla capacità produttiva – aggiungono i sindacalisti -. Il ricorso massivo alla cassa integrazione non è mai stato così ampio. Quando i temi finanziari oscurano completamente le prospettive industriali, non c’è nulla di buono all’orizzonte e il rischio concreto è che il danno si riversi completamente su lavoratori e lavoratrici».

Negli ultimi tre anni è stato fatto tutto il possibile per sostenere l’attività dell’impresa e, al contempo, tutelare i lavoratori. «L’ultimo accordo sottoscritto in sede ministeriale a febbraio, con un piano industriale approvato, l’ulteriore prepensionamento di oltre 200 persone e un uso rilevante della cassa integrazione straordinaria, è stato uno sforzo che tutti i lavoratori si sono assunti al fine di rilanciare l’intero gruppo».

Cisl, Cgil, Uil e Rsu di stabilimento hanno chiesto alle istituzioni provinciali e ai parlamentari bergamaschi di intervenire per garantire la sopravvivenza dell’azienda. «Ci aspettiamo di essere convocati per conoscere le reali condizioni e le intenzioni industriali per uscire da questa situazione - concludono Legramanti e Turani -. Da oggi per noi inizia un percorso di lotta».

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