nuovi scenari

Boost: pagati gli stipendi di giugno, ora l'azienda ha chiesto il concordato in bianco

L'azienda, nata tre anni fa dalla fusione tra Lediberg e Arti Grafiche Johnson, si impegna a proseguire la produzione di diari e agende

Boost: pagati gli stipendi di giugno, ora l'azienda ha chiesto il concordato in bianco
Pubblicato:
Aggiornato:

Dopo le tensioni tra proprietà e rappresentanti sindacali, culminate in due giornate consecutive di sciopero, la Boost di San Paolo d’Argon ha pagato lo stipendio di giugno ai propri dipendenti. La crisi innescata dal Covid non aveva risparmiato neanche una delle più grandi realtà manifatturiere della nostra provincia, che si era trovata in una situazione critica sul versante delle disponibilità finanziarie.

Adesso però per il gruppo, leader nella produzione di agende e diari con stabilimenti anche a Cenate Sotto e a Tolentino nelle Marche, si apre una nuova fase. Il presidente Marzio Carrara ha fatto sapere ai sindacati di aver depositato in tribunale la domanda di concordato preventivo con continuità aziendale. Ciò significa che l’azienda, nata tre anni fa dalla fusione tra Lediberg e Arti Grafiche Johnson, si impegna a proseguire la produzione di prodotti editoriali, nonostante la delicatezza e le incognite di questo nuovo scenario. Una notizia positiva dopo settimane di grande preoccupazione.

Lunedì (9 agosto) è in programma un’assemblea con i lavoratori nello stabilimento di Cenate Sotto. In parallelo, per far fronte agli effetti della crisi, verrà attivato il piano di riorganizzazione firmato all’inizio dell’anno, che prevede 205 pre-pensionamenti entro il 2023. Una riorganizzazione accompagnata dalla cassa integrazione straordinaria a rotazione per 24 mesi.

In un comunicato l'azienda ha spiegato le difficoltà degli ultimi mesi: «A seguito dei drammatici effetti che la pandemia ha avuto sul business della società, che stava implementando un ambizioso percorso di ristrutturazione, il Consiglio di amministrazione si è tempestivamente attivato per ottenere i finanziamenti garantiti dallo Stato ai sensi del decreto Liquidità. Ma all'ultimo miglio - ha spiegato Marzio Carrara, azionista di maggioranza e presidente della Boost - uno dei due istituti coinvolti (il Banco Bpm, ndr) ha deciso di non proseguire con l'iter deliberativo del finanziamento». La ragione di questo dietrofront è da far risalire ad alcuni articoli di stampa che hanno associato il nome di Marzio Carrara all'inchiesta sui fondi della Lega spariti. A niente è servita la documentazione che dimostrava la totale estraneità di Carrara con la vicenda giudiziaria. Le vicende degli ultimi giorni fanno presupporre che un'iniezione di liquidità ci sia comunque stata e che per questa grande azienda bergamasca, nella quale lavorano circa 900 persone, ci possa essere un futuro.«Il Cda, prosegue il comunicato - ha individuato nel concordato preventivo con continuità aziendale lo strumento più idoneo per ristrutturare la società tutelandone il business, i suoi dipendenti, i suoi stakeholders e i clienti che, nonostante le difficoltà hanno comunque scelto di mantenere i rapporti commerciali con la società, dimostrando una volta di più, l'unicità e la strategicità della Boost nel panorama mondiale di riferimento».

 

Seguici sui nostri canali