Gori si smarca dal Pd e firmerà i referendum di Lega e Radicali sulla Giustizia
Ha annunciato che sottoscriverà quelli che riguardano la carcerazione preventiva, la legge Severino e la separazione delle carriere
di Wainer Preda
Giorgio Gori tira dritto. Il sindaco di Bergamo ed esponente di spicco del Pd firmerà i referendum per la giustizia promossi dai Radicali e dalla Lega. Sottoscriverà quelli che riguardano la carcerazione preventiva, la legge Severino e la separazione delle carriere, ha annunciato.
La mossa ha una doppia valenza, pratica e politica. Il sindaco di Bergamo conferma di essere un “battitore libero”, ben poco incline agli ordini di scuderia (o almeno di questa scuderia), per usare un termine sportivo. Se sia un bene o un male, è materia che lasciamo al lettore. Certo è che Gori marca la distanza dal partito guidato da Enrico Letta, nettamente contrario ai referendum. È un segnale. Chiaro. Che fa il paio con le malcelate ambizioni di Procaccini di guidare il Partito Democratico. I due sono spesso sulla stessa lunghezza d’onda. Le elezioni amministrative di ottobre saranno un passaggio fondamentale per capire cosa c’è (e soprattutto chi c’è) nel futuro del centrosinistra.
Intanto prosegue la massiccia campagna di raccolta firme di Lega e Radicali per i referendum sulla giustizia. L’obiettivo è quello di raggiungere le 500mila firme entro il termine di ottobre.
I quesiti sono 6. Il primo riguarda l’elezione del Csm, l’organo supremo che governa la magistratura. Il testo prevede l’eliminazione della raccolta firme per i magistrati che vogliano candidarsi a Palazzo dei Marescialli, sede del Consiglio superiore. In sostanza, l’obiettivo è quello di permettere a tutti i magistrati di candidarsi, senza dover sottostare al condizionamento delle correnti presenti in magistratura.
Il quesito numero 2 invece riguarda la responsabilità diretta dei magistrati. E un’antica battaglia del centrodestra. Chiede che per i membri della magistratura sia fatto obbligo di rendere conto di eventuali decisioni sbagliate assunte durante i processi.
Il terzo referendum riguarda le valutazioni di professionalità delle toghe. In pratica, vorrebbe che a giudicare la professionalità di un magistrato fossero anche i componenti non togati dei collegi giudiziari, ovvero avvocati e professori universitari.
Il quarto quesito è di ispirazione berlusconiana. Si tratta della separazione delle carriere dei magistrati. Ovvero, dividere in modo permanente i percorsi di carriera. Da una parte la giudicante, dall’altra quella del pubblico ministero. In estrema sintesi, il giudice farà sempre il giudice, il pubblico ministero farà sempre il pubblico ministero, senza passare da un ruolo all’altro in processi diversi.
Il quinto referendum riguarda i limiti della custodia cautelare. In pratica, il quesito tende a limitare la possibilità di ricorrere alla carcerazione preventiva prima dell’emanazione di una sentenza definitiva di condanna. Delle tre circostanze per cui si ricorre alla custodia cautelare - inquinamento delle prove, pericolo di fuga e reiterazione del reato -, il quesito interviene solo sulla terza.
E infine il sesto e ultimo quesito vuole abolire un automatismo della legge Severino. Quello che prevede l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza per ruoli di parlamentare, consigliere e governatore regionale, sindaco e amministratore locale in caso di condanna per alcuni reati specifici. La decisione in merito passerebbe a un giudice.