Confindustria Bergamo, il rammarico del presidente Scaglia per la fusione saltata
L'annuncio: idee troppo diverse di governance con Lecco-Sondrio, «ma non è un fallimento». Stasera (15 ottobre) l'assemblea generale
di Andrea Rossetti
In una conferenza stampa congiunta tenuta mercoledì 13 ottobre, Stefano Scaglia, presidente di Confindustria Bergamo, e Lorenzo Riva, presidente di Confindustria Lecco-Sondrio, hanno annunciato ciò che ormai già tutti sapevano: la fusione tra le due associazioni è saltata. L’operazione, che era stata annunciata a inizio 2021 e che pareva una formalità, dato che entrambi i Consigli generali si erano espressi favorevolmente all’unanimità, è naufragata nel momento in cui dalla visione d’insieme si è passati a discutere delle modalità attuative. Troppo diverse, almeno per ora, le posizioni dei due fronti.
La ciliegina mancata
«Non parliamo di una fusione tra aziende - ha spiegato Scaglia -, ma tra due associazioni che riuniscono 1.900 imprese. Parliamo di persone. È un processo complicato, che ci siamo resi conto necessita più tempo di quanto immaginato. Per questo abbiamo ritenuto giusto sospendere le trattative. Non credo, però, sia corretto parlare di funerale, di fallimento. Non eravamo sposati e non stiamo divorziando. Semplicemente, abbiamo sospeso il raggiungimento dell’obiettivo finale». Resta il fatto che, su questa operazione, Scaglia aveva investito molto. E lui stesso non ha problemi a definirsi «molto rammaricato». La creazione di una grande Confindustria Nord Lombardia sarebbe stata la ciliegina sulla torta del suo mandato, che è stato caratterizzato da una serie di successi “politici” in terra orobica.
Idee diverse di governance
Ma cosa è andato storto? Nelle ultime settimane, di voci ne sono girate molte. Tante riportate proprio da noi di PrimaBergamo. In particolare, avevamo raccontato di come gli industriali lariani e valtellinesi si fossero irrigiditi davanti alle posizioni dei “colleghi” bergamaschi, tacciati di arroganza e rei di aver tenuto un atteggiamento di superiorità fastidioso e controproducente al buon esito delle trattative. Secondo Scaglia, però, il problema è stato a monte: «La verità è che non si è neppure arrivati a parlare di riorganizzazione, di spartizione delle cariche. Semplicemente, durante gli incontri sono venute a galla due visioni diverse di modelli di governance». Tradotto: Bergamo puntava a un forte centralismo, Lecco e Sondrio chiedevano invece di tutelare maggiormente la vicinanza territoriale. Del resto, i numeri di Bergamo sono praticamente doppi rispetto a quelli della Confindustria lariano-valtellinese: era chiaro che sarebbero stati gli orobici quelli con maggior peso decisionale.
Proprio per questo, Lecco e Sondrio avevano posto otto punti «non negoziabili», incentrati soprattutto sui temi dell’equilibrio e della pariteticità. Punti su cui, però, Bergamo non ha voluto trattare.