Truffa sul fotovoltaico: il Riesame di Taranto dissequestra beni per 56 milioni di euro
Accolto il ricorso presentato dalle otto società coinvolte nell'inchiesta, anche con sede in provincia di Bergamo
Il Tribunale del Riesame di Taranto ha annullato il sequestro preventivo di 11 parchi fotovoltaici e di beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie, per un ammontare di 56 milioni di euro, nei confronti di otto società con sede anche in provincia di Bergamo.
Il provvedimento di sequestro, eseguito il 14 ottobre dalla Guardia di Finanza su disposizione della magistratura tarantina, arrivò al termine di un’inchiesta riguardante la presunta percezione indebita di contributi statali, erogati dalla “Gse Spa” (Gestore dei Servizi Energetici) per le fonti di energia rinnovabili nel settore del fotovoltaico.
Ad otto società, con sede in provincia di Milano, Bergamo, Lecco e Bolzano, viene contestato di aver ricevuto 15 milioni di contributi pubblici grazie alla realizzazione a Ginosa di quattro impianti di produzione di energia elettrica tramite conversione fotovoltaica, ciascuno dei quali di potenza superiore al massimo consentito di 1 MW. Secondo le indagini - i cui esiti sono contestati dalla difesa - la realizzazione sarebbe stata possibile anche attraverso la produzione di documentazione artefatta al Comune di Ginosa, attestante l’illecito frazionamento dei 4 impianti in 11 parchi fotovoltaici, limitrofi tra loro, ciascuno dei quali di potenza di poco inferiore a 1 megawatt.
Chiuse le indagini erano state denunciate dodici persone tra i rappresentanti legali ed amministratori delle società, accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.
«Il sequestro degli impianti e dei terreni – spiega in una nota l’avvocato Antonio Bana – è stato disposto dal Gip in assenza di domanda cautelare specifica da parte del pubblico ministero, travalicando così il perimetro dei propri poteri di cognizione. Il provvedimento, poi, non solo non può essere attuato in maniera preventiva così come prospettato, ma difetta anche dei requisiti del fumus delicti e del periculum in mora. La decisione rappresenta una chiara indicazione sulla serietà dei progetti imprenditoriali dei nostri assistiti».