possibile svolta?

Inchiesta Covid a Bergamo: la Procura attende la perizia di Crisanti, ipotesi omicidio colposo

La fase istruttoria verrà chiusa entro gennaio e la Procura dovrà decidere se archiviare o meno l’inchiesta. Dall'ipotesi di epidemia colposa si starebbe valutando la possibilità di cambiare l'imputazione

Inchiesta Covid a Bergamo: la Procura attende la perizia di Crisanti, ipotesi omicidio colposo
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La possibile svolta nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla Procura di Bergamo sulla gestione della prima ondata della pandemia in Italia potrebbe arrivare dalla perizia che verrà depositata dal professor Andrea Crisanti, virologo a cui è stato assegnato l’incarico d consulente tecnico.

Un documento che ha lo scopo di stabilire la presenza di un nesso causale tra la mancata attuazione del piano pandemico e l’istituzione della zona rossa con l’aumento della mortalità registrato in Bergamasca (il più alto al mondo, +570%). E che aiuterebbe i magistrati a inquadrare le responsabilità (eventuali) di Governo, Ministero della Salute, Regione e Comitato tecnico scientifico.

Come riportato dal quotidiano Domani, la fase istruttoria verrà chiusa entro gennaio e la Procura dovrà decidere se archiviare l’inchiesta, oppure no. L’ipotesi dell’archiviazione riguarda la configurabilità dell’epidemia colposa per condotte omissive, visto che al momento, come spiegato al Corriere della Sera dal procuratore capo Antonio Chiappani, la giurisprudenza non riconosce il reato.

La Procura starebbe quindi valutando se ci siano gli estremi per cambiare l’imputazione con il reato di omicidio colposo. E la difficoltà starebbe proprio nel dimostrare la colpa, ossia la prevedibilità degli eventi lesivi. Nella perizia tecnica di Crisanti, che verrà depositata entro la fine dell’anno, sarebbe emerso che il 23 febbraio 2020 all’ospedale di Alzano erano due i casi di Covid diagnosticati, anche se erano già stati contagiate ottanta persone tra cui quaranta operatori sanitari. Una situazione definita dal virologo a Presa Diretta «alla stregua di un disastro», ragion per cui per redigere il documento sono state utilizzate le stesse metodologie usate per stabilire le cause dei disastri.

La perizia avrebbe anche individuato un malfunzionamento sorveglianza epidemiologica in Lombardia. Vero è che in quel momento c’era una carenza di tamponi, ma per il consulente una diagnosi presuntiva poteva essere fatta anche con una Tac, combinata con altri fattori come il quadro clinico e la situazione epidemiologica generale.

Per comprendere se a livello nazionale fosse possibile in quei mesi mitigare la diffusione del Covid l’attenzione si concentrerebbe su due circolari emanate dal Ministero della Salute tra il 22 e il 27 gennaio: la prima suggeriva di non tenere conto del luogo in cui si era stati per individuare i sospetti casi Covid, la seconda invece suggeriva di sottoporre al test solo chi era stato in Cina nei 14 giorni precedenti ai sintomi.

Un cambio di rotta che pare sia legato all’impossibilità delle Regioni di fare tamponi a tappeto, visto che non ce ne erano a disposizione, anche se delle riunioni tenutesi il 24 e 25 gennaio in merito a questo argomento non esistono verbali. Mettendo questo “paletto” però il Covid avrebbe avuto modo di circolare e diffondersi senza controllo.

C’è poi il capitolo relativo alla mancata applicazione del piano pandemico: anche se non aggiornato, come raccomandato dall’Oms, si sarebbe dovuto comunque applicare quello influenzale.

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