Parti invertite

Don Denis dalla Costa d'Avorio a Sovere: è il primo missionario in Bergamasca

Ha 41 anni ed è prete da 13. «Tenterò di restituire qualcosa del tanto ricevuto dai vostri sacerdoti nel mio Paese. Devo imparare e amare la vostra cultura»

Don Denis dalla Costa d'Avorio a Sovere: è il primo missionario in Bergamasca
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di Paolo Aresi

Don Denis Kra è un prete missionario. È venuto dalla Costa d’Avorio quattro mesi fa ed è missionario a Bergamo. È venuto da noi per dare una mano alla nostra diocesi: fa il curato nella parrocchia di Sovere. Il suo parroco è don Angelo Passera, che a sua volta era stato per diversi anni missionario in Costa d’Avorio. Le parti ora sono invertite: un prete africano viene a evangelizzare la nostra terra. Lo abbiamo incontrato. Don Denis ha 41 anni, ma non li dimostra, come quasi tutti gli africani. Ha un bel sorriso e parla lentamente, come gli consente una lingua nuova, che sta imparando.

Don Denis, come è arrivato a Bergamo?

«Un giorno un prete della mia diocesi in Costa d’Avorio mi ha chiamato a nome del vescovo e mi ha detto di partire per l’Italia, come missionario. Io sono rimasto molto sorpreso, non sapevo che cosa pensare, confesso che mi ero preoccupato molto. Un po’ perché mi sembrava una grande responsabilità. E un po’ perché io ho perso papà e mamma e sono rimaste le mie quattro sorelle. Secondo il costume africano, io sono responsabile delle mie sorelle e dei miei nipoti. Allora mi sono raccolto in preghiera, ho chiesto a Dio che cosa dovevo fare. E mi è tornato in mente quel brano del Vangelo che dice: “Non c’è nessuno che abbia lasciato o fratelli o sorelle o o madre o figli, o campi per casa mia e per causa del Vangelo, che non riceva ora cento volte…”. Ho capito che dovevo venire. Mi incoraggiava anche il fatto che a Bergamo ci sono due preti che avevo conosciuto, don Angelo e don Giandomenico, che è parroco a Grassobbio».

Lei è prete da tredici anni, che cosa faceva in Costa d’Avorio?

«Mi sono occupato a livello diocesano della pastorale dei bambini e dell’opera missionaria. Ho fatto anche il parroco per tre anni».

Quanti preti ci sono in Costa d’Avorio?

«Nella mia diocesi di Boundoukou di circa 150 mila abitanti ci sono 108 preti, tanti giovani. Sono aumentati molto in questi anni. Nel 1992, quando don Angelo arrivò in Costa d’Avorio, i preti ivoriani della mia diocesi erano soltanto quindici. Il lavoro dei missionari bergamaschi è stato tanto importante per il mio Paese, loro erano preti veramente bravi».

Che impressione le ha fatto l’idea di venire in Italia?

«Per un africano, l’idea di andare in Europa è un po’ un sogno, è considerato come una specie di promozione. Quanti africani cercano di raggiungere l’Europa, con tutti i mezzi, le barche, gli aerei... Ma io sono qui come prete, ed è diverso. Ho pensato, ho meditato. Mi sono presentato qui con due consapevolezze, quella della gioia e quella della responsabilità. Sono arrivato qui ben consapevole che raggiungevo un altro Paese, una cultura differente. Per me era una scoperta, è una scoperta. Credo sia mio primo dovere imparare la lingua, la cultura, il modo di vivere degli italiani, dei bergamaschi. Devo imparare».

Che impressione ha avuto in questi primi quattro mesi?

«Mi hanno colpito l’intelligenza e la gentilezza delle persone. Io parlo male italiano e le persone mi correggono con molta cortesia, mi aiutano. Questo mi colpisce. La lingua italiana è gentile nel suono e poi ci sono tutti quei “grazie, prego, scusi, ciao...”. Ho avuto ovunque un’ottima accoglienza. Ho notato che tra loro parlano velocemente e poi quando si rivolgono a me rallentano: questa è una delicatezza. Appena arrivato, i preti del Sacro Cuore, a Bergamo mi hanno aperto la loro casa; don Massimo Rizzi, responsabile del centro missionario, è una persona tanto accogliente. Poi sono arrivato qua a Sovere da don Angelo Passera, che già conoscevo. E anche lui è tanto bravo».

È come se le parti si fossero invertite.

«Sì, fino a un certo punto, però. Comunque sono qui, per dare una mano, per quel che posso. Il modo di fare la pastorale a Bergamo è molto diverso rispetto all’Africa. Devo capire bene. Intanto sono qui e devo seguire le direttive del mio parroco. Faccio le celebrazioni eucaristiche, dico la messa anche da solo, la domenica. Vado all’oratorio per incontrare bambini e giovani, e loro sono molto bravi ad ascoltarmi e a parlarmi e anche loro mi aiutano a imparare la vostra lingua.. Il parroco mi ha dato la responsabilità dei bambini che si preparano alla Prima Comunione». (...)

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