Se non dormite, colpa dei geni (potete perdonarvi la cena pesante)

A volte, se il sonno non arriva, si pensa a una cena ultra pesante o a una attività fisica serale troppo intensa, che potrebbe aver messo in circolo così tanto acido lattico e ormoni dell’adrenalina da tenere desti per un bel po’. O ancora, si dà la colpa alla temperatura eccessivamente calda della camera da letto o al naso chiuso che manda in apnea. E addio possibilità di chiudere gli occhi e rilassarsi. Ma ai geni, a quelli, non si pensa mai. Invece, una ricerca americana condotta dalla Harvard Medical School di Boston e pubblicata sulla rivista Molecular Psichiatry, li chiama in causa e sostiene che possano influenzare non solo la qualità ma anche la quantità del sonno.
Lo studio. Le condizioni del dormire bene – a quanto pare – non si creano, si ereditano; sono cioè già scritte nel DNA. E in particolare nella presenza o meno di almeno due geni sonnambuli: quelli che possono tormentare le notti con insonnie e continui risvegli a tal punto da ritrovarsi l’indomani mattina stanchi e con le borse sotto gli occhi come se la testa sul cuscino non fosse mai stata messa.
Lo avrebbe scoperto un team di ricercatori americani dopo aver esaminato geni e abitudini del sonno di oltre 47mila statiunitensi di origine europea e di quasi 5mila afro-americani. Quest’ampia popolazione ha consentito di osservare che la presenza di una variante genica, tra le due incriminate, è correlata a circa tre minuti di sonno rilassato in più a notte. Un tempo che sembra un’inezia e invece, come confermano tutti gli studi in letteratura sull’argomento analizzati dai ricercatori, fa la differenza, poiché quelle stesse persone che dormivano un poco più a lungo avevano anche minori disturbi di ADHD (il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività che insorge in età pediatrica protraendosi anche in quella adulta e che porta a difficoltà di inattenzione, impulsività e iperattività motoria, e livelli di glucosio nel sangue mediamente inferiori).
La seconda area del DNA identificata, quella collegata ad un sonno più breve e meno ristoratore, avrebbe invece confermato quanto già la scienza conosceva: ovvero che le alterazioni del sonno possono essere associate con alcune condizioni cliniche, come diabete e pressione alta ad esempio, o particolari disturbi di natura psico-emotiva e psichiatrica.
Prossimi obiettivi della ricerca. Per quanto le due varianti geniche scoperte rendano conto di differenze di pochi minuti nella durata del sonno dei diversi soggetti, lo studio ha il merito di essere stato fra i primi ad avere identificato un possibile legame genetico fra disturbi del riposo e insorgenza di alcune particolari malattie.
Una premessa importante che sta invitando la ricerca a proseguire in questa direzione e a indagare in che modo queste varianti, e le loro eventuali carenze, possano essere implicate in un sonno tormentato. I geni che regolano il complesso fenomeno del sonno sono naturalmente molti e vi sono svariati fattori in grado di influenzare la sua durata e la sua qualità molto più degli aspetti genetici. Tuttavia, spiegano i ricercatori, nonostante il limitato impatto su prevenzione e diagnosi dei disturbi del sonno, i risultati dello studio sono parte di uno sforzo più ampio, utile a comprendere non solo i vari meccanismi in atto, ma soprattutto a identificare i soggetti a rischio per lo sviluppo dei disturbi del sonno e non solo.