L'editoriale di Xavier Jacobelli

Mai smettere di credere in questa Atalanta. E Scalvini è da Nazionale (Favini l'aveva detto)

Mino, quando Giorgio arrivò a Bergamo, disse: «Ha talento, tecnica, grinta, ma, soprattutto, una maturità fuori dal comune. Tienilo d'occhio»

Mai smettere di credere in questa Atalanta. E Scalvini è da Nazionale (Favini l'aveva detto)
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di Xavier Jacobelli

Non bisogna mai smettere di credere in questa Atalanta e nella sua capacità di rialzare la testa. Anche dopo tre sconfitte consecutive in campionato, sequenza senza precedenti da quando Gasp allena a Bergamo. Anche dopo l'eliminazione dall'Europa League. Anche quando la rincorsa a un posto nell'Europa che verrà sembrava irrimediabilmente compromessa. Invece no.

La vittoria di Venezia vale triplo: per i tre gol segnati (era dal 28 febbraio che la Dea non segnava più di una rete nella stessa partita); per Pasalic, Zapata e Muriel, tornati a segnare tutti insieme nella stessa gara; per Duvan, che non iscriveva il suo numero sul tabellino dei marcatori dal 27 novembre scorso. Il Venezia ha incassato l'ottava sconfitta consecutiva: si è battuto con orgoglio, ma è stato nettamente dominato da una Dea rinfrancata nello spirito e nel gioco.

Tre a uno è finita la sfida, tre a uno anche il conto dei pali a favore dei nerazzurri, la cui prova ha esaltato il talento di Giorgio Scalvini, 18 anni e un grande avvenire davanti a sé, degno di un predestinato qual è il ragazzo cresciuto a Zingonia, alla sesta presenza consecutiva nel massimo campionato (la sedicesima stagionale, comprendendo anche le coppe). Roberto Mancini, in tribuna al Penzo, ha preso nota della personalità del giovanissimo giocatore e della sua duttilità tattica: di volta in volta, l'abbiamo visto impiegato come difensore centrale, centrocampista, laterale di spinta e, sistematicamente, Giorgio si è disimpegnato nel modo migliore. Nell'opera di rilancio dell'Italia, dopo la bruciante, seconda eliminazione consecutiva dalla partecipazione alla fase finale del Mondiale, Mancini conterà sicuramente sull'ennesimo gioiello di Zingonia.

Oggi ricorre il terzo anniversario della scomparsa di Mino Favini: c'era lui, a capo del vivaio, sette anni fa, quando, lasciato il settore giovanile del Brescia, Scalvini mise piede per la prima volta al centro sportivo Achille e Cesare Bortolotti. E ricordo perfettamente ciò che mi disse Mino a proposito del lungagnone nato a Chiari l'11 dicembre 2003, in tempi assolutamente non sospetti (era la seconda metà del 2018 e Scalvini non aveva ancora compiuto 15 anni): «Giorgio ha tutto per diventare un grande calciatore. Ha talento, tecnica, grinta, ma, soprattutto, ha una maturità fuori dal comune per un adolescente. Tienilo d'occhio: l'Atalanta ha in casa un tesoro». Ancora una volta, Mino aveva visto lontano.

E Gasp, lanciando precocemente in orbita Scalvini con l'intuito che lo contraddistingue, ha raccolto l'assist del Maestro di Meda. Gasp, da gufi e prefiche messo addirittura in discussione nei giorni scorsi. Poi, come sempre, a parlare è il campo. Il resto è acqua che scorre in Laguna.

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