Treviglio

Una vita in sella: addio a Franco Consoli, storico ciclista del centro di Treviglio

Un'istituzione del commercio e dello sport cittadino. Nel 2006 abbassò per l'ultima volta, insieme al fratello Federico, la serranda di via Sant'Agostino

Una vita in sella: addio a Franco Consoli, storico ciclista del centro di Treviglio
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Per più di cinquant'anni è stato «il ciclista», quasi per antonomasia, del centro storico di Treviglio, e in città lo conoscevano tutti: è stata una vita votata al lavoro di bottega, quella di Franco Consoli, e allo sport che gli faceva battere il cuore: il ciclismo. Martedì, quel cuore 84enne ha battuto l'ultimo colpo, lasciando in città un vuoto ancora più duro da colmare di quello della sua bottega sgombrata per sempre nel 2006, quando abbassò per l'ultima volta, insieme al fratello Federico, la serranda di via Sant'Agostino. Lascia, oltre a lui, la moglie Carla, dopo sessant'anni di matrimonio, i tre figli Luciana, Roberto e Cristina e i nipoti Adriano, Elisa e Diego.

La bicicletta come "stile di vita"

Il suo negozio era una specie di tempio, per gli appassionati ciclismo trevigliesi. Sul retro di palazzo Silva, Franco riparava le biciclette, certamente. Anche «al volo», per le decine di trevigliesi che fino a qualche anno fa la utilizzavano ben più delle automobili, spostandosi da un capo all'altro di una città che è tutt'ora a misura di due ruote. Bastava bussare e lui interveniva, sempre con il sorriso e una battuta. Ma non era solo un'officina, quell'officina: era anche un luogo di sport e di racconti. Quelli del grande ciclismo bergamasco, che lui stesso aveva vissuto, praticato e raccontato per tutta la vita. La bottega era stata aperta negli anni Trenta, dal padre Francesco.

Le biciclette "Albadoro" a Palazzo Silva

Sfollato per la guerra a Treviglio nel 1941, aveva aperto il negozio per poi affidarlo ai due «figli d’arte», entrambi cresciuti in mezzo alle biciclette. Inizialmente, il padre Francesco era un rappresentante della Bianchi, ma poi si era messo in proprio e aveva cominciato a produrre quelli che ancora fino a pochi anni prima si chiamavano «velocipedi», con il marchio «Albadoro», in uno stabilimento che occupava anche parte di Palazzo Silva. Poi si era specializzato nelle riparazioni, diventando un punto di riferimento per tutta Treviglio. Tra una gomma forata e l'altra, tra un sellino e un pattino per freni, spesso spuntavano anche i mitici palmer delle biciclette da corsa. E allora ecco che tornavano i racconti su Gino Bartali, Francesco Moser, Eddy Merckx, Felice Gimondi, Fausto Coppi e poi negli ultimi anni, su Marco Pantani. «Povero pirata» sospirava, quando tutto finì in tragedia. Rimase solo un poster con la sua fotografia, quando chiuse il negozio 16 anni fa.

Il ciclismo, d'altra parte, l'aveva conosciuto e praticato da protagonista lui stesso, Consoli. Fin da giovanissimo, come corridore. Aveva cominciato indossando la maglia della Uc Bergamasca, poi quella del Pedale Monzese e quando finalmente arrivò all'agonismo, quella della Udace di Bergamo. Smise di correre solo sui settant'anni, ma non perse mai quella passione vitale. Com'era nel suo carattere, trasferì quella voglia di fare e di lavorare sempre, nella forza che muove i volontari. Diventò assistente tecnico della «Ciclistica trevigliese» ma continuò anche correre, come amatore, ogni volta che poteva, concedendosi fughe da 50 chilometri al giorno nelle campagne della Bassa. Stamattina si celebrano i funerali, alle 10.30 in Basilica. «Sei stato un grande maestro di vita»: così i tre figli ricordano il loro papà. C'è da scommetterci: ovunque sia ora, Franco avrà già recuperato una bicicletta.

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