Il Dna di Tizzani sull'arma del delitto è frutto di contaminazione? Il Ris: «Improbabile»
Nuova udienza del processo di Appello nei confronti dell'uomo, assolto in primo grado. In Tribunale scontro sul profilo genetico
Le presunte prove dell'accusa contro Antonio Tizzani, accusato dell'omicidio della moglie Gianna Del Gaudio, sono frutto di una contaminazione? È la questione che nella mattinata di oggi, venerdì 10 giugno, ha aperto un confronto nel corso del processo d'Appello a carico dell'uomo. L'ex ferroviere (68enne all'epoca dei fatti) è accusato dell'omicidio della moglie, a cui fu tagliata la gola nella notte tra il 26 e il 27 agosto 2016 nella sua villetta di Seriate. Dopo essere stato assolto nel 2020, la Procura ha impugnato la sentenza e oggi si è svolta una nuova udienza del processo di secondo grado.
Al centro della questione una traccia di Dna riconducibile all'uomo e trovata sull'arma del delitto, ovvero un cutter ritrovato all'interno di un sacchetto di mozzarelle in una siepe. Secondo la difesa, l'avvocato Giovanna Agnelli, e il consulente genetico Giorgio Portera ci si troverebbe di fronte a un caso di contaminazione avvenuta all'interno dei laboratori del Ris di Parma.
Sebbene il maresciallo capo del Ris, Dario Capatti, lo ritenga un evento «altamente improbabile», Portera ha riportato alla luce un fatto avvenuto un anno dopo l'omicidio: «Il 31 gennaio 2017 – ha rivelato il genetista, come riporta L'Eco di Bergamo –, è stata constatata una contaminazione sul sacchetto e l’intero ciclo di amplificazioni è risultato contaminato ed è stato scartato. Questo per dire che la contaminazione è un evento che avviene».
Il maresciallo capo ha dunque sottolineato che la contaminazione sia da escludere proprio per questo stesso motivo: dal momento che un'effettiva contaminazione era stata rilevata in quel caso, significa che gli strumenti di controllo a disposizione del Ris funzionano. Perciò anche il Dna di Tizzani sul cutter sarebbe stato scartato qualora ci fossero stati dubbi.