Un Comune unico con Paladina? «Non si fa perché quelli di Valbrembo sono ricchi»
Viaggio nei due paesi dell'hinterland dove l'associazione Valbreno promuove la fusione. Favorevoli gli ex sindaci, contrari gli attuali
di Wainer Preda
«La vede quella casa là?». L’anziano mi indica uno stabile bianco, malmesso. Sul muro c’è ci sono due grandi scritte “Rallentare” e “Paladina” e sotto uno smunto cartello “vendesi”. «Lì ho lavorato per 35 anni. Da quando ne avevo dieci e papà è morto. Andavo ad aiutare il fornaio. Mi dava cento lire che poi portavo a mia madre per mantenere la famiglia. Vede, noi saremmo anche favorevoli alla fusione con Valbrembo, ma sono loro che non sono tanto contenti. Perché loro sono ricchi, hanno le fabbriche. Noi no».
Luigi (nome di fantasia) ha ottant’anni ma lucidità di un cinquantenne. Dall’alto della sua esperienza dice che, in fondo, è tutta una questione economica. I ricchi non vogliono mai mescolarsi ai poveri. «E dunque perché un Comune con i soldi dovrebbe aggregarsi a uno con entrate minori?». Se sia davvero così lo appureremo in questo piccolo viaggio fra Paladina e Valbrembo. Lungo via Roma, asse di collegamento fra i due paesi, quanto il torrente Quisa che li attraversa. Raccontando, pur in secca, che qui ci sono due municipi, due chiese, due oratori, due centri scolastici, due centri sportivi, due biblioteche, due banche. Tutto in due chilometri o giù di lì. Quattromila abitanti a Paladina, trecento in più a Valbrembo.
Nei giorni scorsi l’associazione Valbreno dell’ex sindaco di Paladina Bertand Beltramelli è tornata alla carica. Vorrebbe la fusione tra i due paesi. Così, dicono, si creerebbe un unico Comune da oltre 8 mila abitanti. Con vantaggi amministrativi, economici e gestionali. Se ne parla da dieci anni. Ma con le elezioni che si avvicinano (2023 per Paladina, l’anno dopo per Valbrembo) il dibattito è tornato ad animarsi. Da una parte gli “unionisti”, dall’altra i “meglio divisi”, dalla terza quelli del “chissene...”. Trasversali, a dire il vero, a entrambi i paesi.
Nella piazza del municipio di Paladina, incontro Cesare. Ha passato l’ottantina. Cammina con un bastone, ma è ancora battagliero. «Mi piacerebbe che i due paesi andassero d’accordo - dice con voce tonante, accompagnato da un’amica novantenne - La fusione, perché no? E poi pagheremmo anche meno tasse. Perché non farla subito». Il buonsenso dell’età. Che invidia. Poco più avanti, nella corte di un’antica cascina ristrutturata, un gruppo siede attorno al tavolo di un bar. La più decisa è una donna sulla quarantina. Dice netta: «Valbrembo è Valbrembo. Paladina é Paladina. Punto». Altri due non commentano, forse per non contraddirla. Un quarto minimizza: «Basta che vadano d’accordo».
Il quinto, che arriva lancia in resta, canottiera e occhialini da intellettuale, dice di essere un artista e ha una visione tutta sua: «Se è conveniente siamo favorevoli. Se ci sono dei vantaggi ben venga. Ma di solito promettono le fusioni e noi la prendiamo sempre in... quella fusione, capisce». Difficile fraintendere. Nella zona del campo sportivo incontro un quarantenne, ben vestito. Ha appena parcheggiato l’Audi, nel garage di una villetta a schiera. Mi allontana quasi fossi un appestato: «Non ho niente da dire, se ne vada». Poi mentre finisce d’imprecare da solo, incontro una donna sui quarant’anni, mora e abbronzata, atletica e per fortuna gentile. Prima di parlare, si mette la mascherina, «perché mia madre è malata e non si sa mai». Poi dice: «Se nasce qualcosa di positivo, certamente. Bisogna vedere se riescono a trovare un punto di contatto, ma sarebbe buona cosa».
La camminata continua. La frazione di Ossanesga è un piccolo incanto. (...)