Due morti nel carcere di Bergamo a pochi giorni di distanza, forse per abuso di psicofarmaci
Una duplice tragedia, la più recente una decina di giorni fa. La vicenda riaccende i riflettori sul tema delle condizioni di detenzione
Potrebbe esserci l'abuso di psicofarmaci, unito all'utilizzo di sostanze stupefacenti, dietro alle due morti avvenute a pochi giorni di distanza l'una dall'altra nella casa circondariale di via Gleno. È questa l'ipotesi della Procura, che ha disposto l'autopsia dei corpi dei due uomini, entrambi di origine nordafricana, di 30 e 35 anni.
Una duplice tragedia, la più recente una decina di giorni fa a distanza di qualche giorno dalla prima. In uno dei due casi, come riporta L'Eco di Bergamo, c'è stato anche il ricovero del compagno di cella, che si troverebbe ora in condizioni serie.
La vicenda riaccende così i riflettori su due temi: le condizioni dei sistemi di detenzione e la presenza di soggetti con patologie psichiatriche che dovrebbero essere accolti in strutture apposite. In via Gleno, al 31 maggio, risultavano 479 reclusi, ovvero 164 in più rispetto alla capienza massima (pari a 315 posti). A questo dato si aggiunge il fatto che in Lombardia il quarantuno per cento dei detenuti soffre di tossicodipendenza.
Il sottodimensionamento del personale di polizia penitenziaria e di assistenza sanitaria è un altro tallone d'Achille che necessita di risoluzione e che – stando a quanto afferma Gino Gelmi, vicepresidente dell'associazione Carcere e Territorio – amplifica ancora di più il problema di quei soggetti che dovrebbero essere seguiti altrove per via delle loro patologie psichiatriche. Con il rischio che si creino problemi di convivenza a causa degli ambienti non adeguati.
E, nei casi più estremi, anche morti, come sarebbe accaduto per i due trentenni. «Non è un problema solo di Bergamo – sottolinea Riccardo Tropea, presidente della sezione di Bergamo della Camera penale –, ma diffuso. La direzione presta la massima attenzione, questo è però un campanello d’allarme».