Lì dove «non c'è proprio niente»

Quelli che fanno i nonni in Africa

Quelli che fanno i nonni in Africa
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Questa è una storia dedicata a tutti coloro che cercano una notizia buona. A coloro che hanno capito che di bene, a questo mondo, ce n’è tanto anche se non fa rumore. Che cosa accade? È presto detto. Accade che un minuto esercito di otto persone parte per l’Africa. Ma non giovani spensierati, né laici missionari. A fare le valigie sono otto settantenni, rigorosamente pensionati, che da circa vent’anni si mettono in gioco per portare il proprio aiuto dove ce n’è più bisogno. Un mese intero in mezzo a donne e bambini, per insegnar loro gli antichi mestieri costruendo le basi per un nuovo futuro.

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A raccontarci questa storia è Dora Nava, 75 anni portati con il desiderio di non destare alcun clamore. Residente a Bariano fin dalla nascita, Dora è una casalinga con spiccato senso pratico, che vuole condividere la propria fortuna con chi fortunato non è. Per questo, una volta cresciuti i cinque figli, ha deciso di iniziare quest’avventura nel 1995 al fianco del marito Carlo, scomparso però a soli pochi mesi dal primo viaggio.

Dora non si è lasciata abbattere da quell’assenza. Ha capito che in quell’esperienza che la porta lontano c’è molto e che non può rinunciarvi. Si aggrega così anche il secondo anno al gruppetto di volontari che da Bariano parte alla volta dell’Africa. La stella polare di questi otto volontari è Suor Rosaria, anche lei originaria di Bariano e da anni suora missionaria. «Una donna dal grande carisma e determinazione – racconta con ammirazione Dora -. Lei sa ciò di cui c’è bisogno e lotta perché i bambini possano avere pasti caldi, andare a scuola vestiti dignitosamente, e perché le loro mamme possano imparare l’arte del taglio e cucito, così da essere indipendenti e trovare un lavoro».

 

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I volontari bergamaschi, tre uomini e cinque donne, la seguono nelle varie tappe della sua Missione, che porta la suora in Kenya a Nairobi, a Macui in Mozambico, in Sud Sudan, e portano aiuto dove occorre. In Sud Africa, per esempio, si erano dati da fare per sistemare i banchi di una scuola, decisamente malmessa. Nel Sud Sudan invece, le signore bergamasche avevano cucito camicette e braghette per dei piccoli scolari che possedevano solo abiti smessi. «Siamo sempre stati accolti con grande gioia e affetto – racconta Dora, con voce sincera – e mai, mai una sola volta ci siamo sentiti in pericolo. In sostanza, passiamo il tempo con i bambini e facciamo i nonni, perché sentiamo che è la cosa giusta. Con loro parliamo il bergamasco, e veramente, ci intendiamo senza alcuna difficoltà!». Ride nonna Dora, come se anche lei fosse tutt’ora meravigliata da una simile facilità di comunicazione.

«Se vedeste – ci racconta – quanto non hanno nulla in quelle terre. Niente di niente! Vivono in povere capanne e non hanno di che mangiare. Suor Rosaria ora è in Etiopia, e lì andremo tra qualche giorno, dove sta lottando per far avere una tazza di riso al giorno ai bambini. Che poi, non c’è alcun condimento: acqua, un pugno di riso, e una manciata di sale. Quando va bene, ci sono anche due patate, ma nulla di più». Infine Dora parla dei bambini, che tanto l’hanno colpita. «Sono stupendi – ha concluso -. Nonostante le avversità, non li senti mai piangere ed hanno sempre questo grande sorriso, che ti contagia. Quando penso a loro, carico la mia valigia di grembiuli. Metto quelli con le tasche grandi, perché così posso riempirle di caramelle!».

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