Gori e la crisi di Governo: basta alleanza Pd-M5S se i grillini non votano la fiducia a Draghi
In un'intervista a Radio 24, il sindaco di Bergamo ha prospettato un'eventuale chiusura al Movimento in caso di caduta dell'Esecutivo
Nessuna alleanza con chi non vota la fiducia a Mario Draghi: questo il messaggio che il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, ha lanciato nella mattinata di oggi, martedì 19 luglio, nel corso di un’intervista a Radio 24. Al centro della discussione, la crisi dell’Esecutivo e il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che secondo il primo cittadino sarebbe in pericolo qualora i grillini dovessero affondare definitivamente l’esperienza con l’ex presidente della Bce.
Lo scorso fine settimana, proprio Gori era stato uno degli undici sindaci primi firmatari di una lettera aperta rivolta al premier e ai partiti nazionali nella quale si chiedeva a Draghi di restare a capo del Governo e ai partiti di assumersi le proprie responsabilità appoggiando l'ex presidente della Bce.
«Tutta la prima parte del lavoro sugli obiettivi europei è gestita dal Governo - ha affermato Gori -, quindi sarebbe un problema qualora cadesse. Sono convinto che, con chi si prende la responsabilità di non votare la fiducia, facendo di conseguenza finire la legislatura, non ci sia alcuna possibilità di accordo. Lo stesso discorso vale per chi, dopo averla messa in discussione, dovesse decidere all’ultimo di votarla lo stesso: anche in questo caso una riflessione andrebbe fatta».
Una posizione che, tuttavia, comprometterebbe quel progetto del campo largo (del resto oramai quasi tramontato) tra forze di sinistra e grillini, necessario per uscire con una posizione di forza dalle urne: «La legge maggioritaria che abbiamo attualmente forza i partiti a fare coalizioni prima delle elezioni, ma ciò diventa complicato quando nella stessa alleanza si trovano forze politiche diverse tra loro. C’è stato un momento in cui, dopo il Papeete, si è dovuto decidere se governare con il Movimento 5 Stelle. Ora, quella che era una collaborazione di necessità qualcuno, tra i quali legittimamente anche l’ex segretario Zingaretti, l’ha voluta far diventare “amore”. Giuseppe Conte è stato presentato come il punto di riferimento del campo progressista, ma a me non sembra esattamente un progressista...».
«Una coalizione di centrosinistra - ha poi continuato Gori - sarà comunque necessaria, anche perché il rischio è far vincere quella destra rappresentata principalmente dal partito di Giorgia Meloni, che costituisce l’esatto contrario di quello che sosteniamo con le iniziative e le manifestazioni di queste ore, cioè l’agenda Draghi». Quando gli viene chiesto quali debbano essere i requisiti delle forze politiche che dovrebbero far parte di questa futura possibile coalizione, che oltre a quelle di sinistra dovrebbe comprendere anche i vari gruppi centristi, il primo cittadino ha spiegato che dovrebbero esserci alcuni punti fondamentali: «Una certa linea europeista e atlantista la si deve avere, avendo consapevolezza delle difficoltà di un Paese che ha uno stock di debito enorme, rimanendo però al tempo stesso vicini alle famiglie colpite dalle conseguenze di un’inflazione che cresce di giorno in giorno».