Morte della piccola Diana, la madre resta in carcere: cos'ha detto la 37enne nell'interrogatorio
Secondo quanto riportato dal gip, la donna aveva messo in conto che la tragedia potesse accadere, ma ha preferito restare a Leffe dall'uomo con cui voleva avere un futuro
Resterà in carcere la 37enne che ha abbandonato per sei giorni la figlia Diana, di appena un anno e mezzo, facendola morire di stenti. Lo ha deciso oggi (23 luglio) il gip di Milano Fabrizio Filice, che dopo l'interrogatorio di ieri ha convalidato il fermo e disposto la custodia in carcere per la donna, con l'accusa di omicidio volontario con l'aggravante dei futili motivi. Esclusa invece l'aggravante della premeditazione, avanzata dalla Procura.
«Volevo avere un futuro con lui»
Dall'ordinanza firmata dal gip in seguito all'interrogatorio, si fanno luce su diversi aspetti inquietanti di questa tragica vicenda. Si chiarisce, ad esempio, il fatto che la 37enne fosse consapevole del fatto che la figlia potesse stare molto male, o addirittura morire, se lasciata da sola così a lungo. Ma lei ha voluto correre il rischio. Il motivo? «Io ci contavo sulla possibilità di avere un futuro con lui e infatti era proprio quello che in quei giorni stavo cercando di capire. Per questo ho ritenuto cruciale non interrompere quei giorni».
Il «lui» a cui la 37enne fa riferimento è l'uomo di Leffe, di 58 anni, da cui si trovava nei giorni incriminati. Dopo il divorzio dall'ex marito, avvenuto tre anni fa, e la nascita della piccola Diana (da padre ignoto e partorita proprio in Val Gandino nel gennaio 2021), la 37enne era ossessionata dalla volontà di costruire una nuova storia. Anche a costo di perdere la sua piccola. Il 58enne era a conoscenza dell'esistenza di Diana, ma non del fatto che la sua compagna l'avesse abbandonata a casa da sola: gli aveva detto di averla lasciata alla sorella, al mare.
Un figlia indesiderata
La donna, spiega il gip nell'ordinanza, non «perseguiva» la morte della figlia, ma era a conoscenza della possibilità che ciò potesse accadere e non ha fatto nulla per evitarlo, proseguendo comunque nella propria condotta. Da qui la decisione di prevedere per lei la permanenza in carcere e l'accusa di omicidio volontario.
Secondo quanto riportato dall'Ansa, la 37enne, durante l'interrogatorio, non ha mai pianto, né perso il controllo, ed è apparsa lucida nella ricostruzione dei fatti. Questa tragedia non sarebbe figlia del degrado, della tossicodipendenza o di un lucido e terribile calcolo, ma piuttosto della volontà della donna di far finta di non aver mai dato alla luce quella bambina, frutto di una relazione saltuaria e probabilmente indesiderata, dato che, come hanno spiegato anche i vicini, «non giocava mai con lei, non la portava a passeggio, la teneva sempre nel passeggino». Secondo gli inquirenti, dunque, la piccola Diana era vista dalla madre come un ostacolo all'avanzamento della propria vita. Per questo non ha avuto scrupoli nel lasciarla morire.